Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/334

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lui; percioché le s’aggirava per la fantasia un uomo grande, d’altra presenza e d’altri pensieri^ che non sono gli altri uomini. E stava nell’animo sospesa delle nozze, dubitando non questo suo maritaggio fosse come uno intrattenimento di sogni: laonde si baciavano e si abbracciavano piú spesso che non solevano; ma i loro baci ed i loro abbracciamenti erano mescolati con una certa timidezza e con una amaritudine, come se giá fossero in cospetto del padrone, e si peritassero o si ascondessero da lui. Ed in questo tempo sopravvenne loro un disordine che li riempiè di paura e di disperazion maggiore. Era appo Driante, tra li richieditor della Cloe, un certo Lapo bifolco, giovine molto insolente, il quale, sollecitando anch’egli le nozze di lei, l’avea molte volte e di molte cose presentato. Costui, avendo sentore che Dafni, per via del suo padrone (se egli in qualche maniera non gli s’attraversava) era agevolmente per ottenerla, cercò modo di distornar la cosa e di metterlo in disgrazia; e, sapendo che egli, come i nobili sogliono, era del suo giardino assai vago, prese partito a suo potere di disertarlo. E conciosiaché, tagliando le piante, vi potea per il sonar de’ colpi esser incòlto, deliberò di dare il guasto a’ fiori ; ed attesa la notte, al giardino andatone e per la siepe salitovi, di quanti ve n’erano, o svegliendoli o svettandoli o calpestandoli, non altrimente che un porco, grufolando e voltolandosi, avrebbe fatto, quello strazio ne fece che per lui si potè maggiore, e, senza esser da persona scoperto, andò via. La mattina seguente, venendo Lamone al giardino ed alla fontana per annaffiarli, e veduta la strage d’essi tale, che qual si fosse stato nemico ladrone avrebbe per pietá temuto di farlo, squarciandosi per dolore i panni del petto, si mise talmente a mugghiare e rammaricarsi incontro agli dèi, che Mirtale, sentendo e ciò che tra mano avea lasciando, corse giuso, e Dafni, cacciatesi le capre innanzi, con gran fretta rimontò l’erta. E, veduta tanta sconfitta, tutti insieme gridavano e, gridando, dolorosamente piangevano, cosi per la ruina de’ fiori, come per paura che del padrone aveano; benché gli strani ancora per compassione avrebbono pianto. Era tutto quel loco scompigliato, scalfitto e divenuto fangoso e pieno di pultiglia; e, se fiore alcuno era