Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/335

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da tanta rovina per avventura scampato, ancora colorito, ancora splendido si vedea e, cosi calpesto e malmenato, era ancor bello; e suvvi di molte pecchie posate si vedevano, che con un lor pietoso ronzare pareva che con essi insiememente piangessero. Mirava Lamone con gran stupore e con grandissimo affanno tanta mortalitá di fiori, e piangendo gridava: — O rosario sconfitto, o giardin mio deserto! o giacinti, o narcissi! O malvagio, o spietato uomo che tale oltraggio vi ha fatto, ed a tanta miseria mi ha condotto! Oimè! che verrá la primavera, e non fiorirete; verrá la state, e non vigorirete; sará l’autunno, e nullo incoronerete. E tu, Bacco crudele, come non ti sei tu mosso a compassione di questi miseri fiori, tra’ quali tu soggiornavi, li quali tu vagheggiavi, de’ quali io tante ghirlande t’ho fatte? O giardin malarrivato, come ti mostrerò io al mio padrone? con che animo ti vedrá egli? O vecchio sfortunato! Questa è la volta ch’egli ti fa impiccare a un di questi pini come Marsia. Oimè! che forse fará impiccare ancor Dafni, pensando che ciò sia maleficio delle sue capre. — In questo dire cominciarono tutti di nuovo un dirottissimo pianto, con rammarichii e battimenti di mani, come se giá morti si tenessero, percioché non piú de’ fiori, ma delle lor persone piangevano. Piangea la Cloe dogliosamente: — Oimè ! che m’impiccheranno il mio Dafni. — E giá, non che desiderasse la venuta del padrone, ma pregava che piú non venisse, e stava tutto giorno in angustia ed amaritudine, per paura del suo Dafni, che le pareva d’ora in ora vederlo scopare. La sera, in su rabbuiarsi, eccoti Eudromo che torna, dicendo che dopo tre giorni aspettassino il padron vecchio, e che ’l giovine suo figliuolo vi sarebbe il giorno seguente. Per che tutti insieme, ristringendosi a deliberar sopra quanto era avvenuto, chiamarono Eudromo per lor consiglierò; il quale, come molto affezionato di Dafni, diede lor per consiglio che conferissero prima il caso col padron giovine, con cui egli prometteva d’operarsi a beneficio loro, come quello che, per essersi seco allevato, gli parlava molto a fidanza, ed avea la sua grazia. Piacque loro il parer d’Eudromo, e la mattina seguente cosi fecero. Percioché venne Astilo (cosi si chiamava il figliuolo del padrone), un giovinetto molto gentile,