Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/61

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che fa verdeggiare e fiorir gli ingegni? e vivere i nomi perpetuamente? Che se ben gli antichi volsero che fosse una medesima deitá, per le cagioni che qui non accade di raccontarvi; non è però che non faccia due operazioni diversissime, e che non si possa dire che sieno due soli, o veramente uno in due modi preso. Di questi due, egli intende per sole il secondo; e questo vuol dire che sia il suo cardinale. Ciò presupposto: se non avete la memoria come gli occhi, ricordatevi che questa casa è significata coi gigli, e quella di Francia pur coi gigli. Non istá cosi? Ricordatevene bene. Ora intendete quel che ’l Caro dice, se vi par ben detto: «E tu, signor, ch’io adoro per mio sole». Avertite un’altra volta, che non vuol dire di quello che secca l’erbe. «Perché questi gigli — cosi di Francia, come vostri — non siano estinti dall’altro sole». Qui son contento che intendiate di quel de’ fiori e del bucato: ma, perché pur è sole, non lasciate ancora il velo della traslazione, e dite cosi: «Accioché i fiori sopradetti, cioè le laudi e gli onori di questa casa di Francia e vostra, intese ambedue per questi gigli, non si secchino, ma siano perpetui in questi miei versi e privilegiati dal tempo, del qual quest’altro sole è moderatore; «gli sacra», fagli sacri tu, che sei tenuto sacro da me, e come Apollo mio e come cardinale; «dipinti del tuo nome», come quelli che, per la parte della casa Farnese son nominati e famosi per te, poiché tra i primi suoi gigli sei tu, e, per la parte di quelli di Francia, sei nominato e reputato per uno dei loro; o veramente «dipinti», cioè dipinti che tu gli avrai e nominati da te; desiderando io che tu gli nomini e gli consacri, e questa consecrazione gli faccia eterni».

Il qual modo di dire è molto ordinario in questa lingua, ed anco nella latina, mettendosi il fatto per quello che s’ha da fare; come quando disse Vergilio:

Omnia qnae multo ante memor provísa repones ;

dove «provisa» non vuol dire che «siano giá proveduti», ma «quando proveduti gli arai». E cosi qui può dire: «di poi che gli arai nominati, overo ornati del nome tuo»; dicendo, per