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PASSAG. IN AMERICA 3

o 50 piedi di lunghezza, e larghe a proporzione tutta coprivano la superficie del mare, e non ostante le più diligenti precauzioni molte, e replicate scosse soffrimmo, che ci sarebbero forse state fatali in un vascello men forte.1 Il timore di d’inoltrarci in un mare più abbondante di ghiacci, o di troppo avvicinarci alla costa di Terra nuova, verso la quale eravamo trasportati dal vento di Sud-Ovest, ci obbligò a tenerci al Sud per quanto il vento ce lo permetteva. In fatti alle quattro della mattina i ghiacci cominciarono a dissiparsi, ne vedevansi se non piccioli pezzi di 10 a 12 piedi, finchè verso le ore nove il mare apparve affatto libero. Fumo allora sorpresi da uno spettacolo meno pericoloso ma non meno singolare. Tre isole di ghiaccio di grandissima estensione, ed altezza ci comparvero davanti una all’Oriente, e le altre due all’Occidente, la prima delle quali innalzavasi a guisa di piramide. Quantunque il freddo non fosse così rigido come nell’antecedente notte, era nulla di meno molto sensibile, ed il termometro scese a mezzo giorno a gradi 4 di Reaumur sotto il ghiaccio,

  1. Il viaggio, che ordinariamente suole farsi per il passaggio dall’Inghilterra all’America Settentrionale non è esposto a simili inconvenienti, poiché le navi comunemente non oltrepassano in questa stagione il 45° di latitudine. Anzi, quelle che si destinano verso i Poli sono foderate di rame, e difese alla prora di ferro fuso così massiccio, che possono urtare senza pericolo contro i galleggianti pezzi di ghiaccio.