Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/128

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Non voglio che siano considerati e’ difecti in particulare, ma in comune, acciò che la mente non sia contaminata per lo ricordamento de’ particulari e ladi peccati. Dicevo che Io non voglio; e non debba avere solo la considerazione de’ peccati in comune né in particulare senza la considerazione e memoria del Sangue e larghezza della misericordia, acciò che non venga a confusione. Ché se ’l cognoscimento di sé e considerazione del peccato non fusse condito con la memoria del Sangue e speranza della misericordia, starebbe in essa confusione: e con essa, insieme col dimonio che l’ha guidato socto colore di contrizione e dispiacimento del peccato, giognerebbe a l’etterna dannazione; non solamente per questo, ma perché da questo, non pigliando el braccio della misericordia mia, verrebbe a disperazione.

Questo è uno de’ soctili inganni che ’l dimonio faccia a’ servi miei. E però conviene, per vostra utilitá e per campare l’inganno del dimonio e per essere piacevoli a me, che sempre vi dilarghiate il cuore e l’affecto nella smisurata misericordia mia con vera umilitá. Ché sai che la superbia del dimonio non può sostenere la mente umile; né la sua confusione la larghezza della mia bontá e misericordia, dove l’anima in veritá speri.

E però, se ben ti ricorda, quando el dimonio ti voleva aterrare per confusione, volendoti mostrare che la vita tua fusse stata inganno e non avere seguitata né facta la volontá mia, tu allora facesti quel che tu dovevi fare e che la mia bontá ti die’ di potere fare (la quale bontá non è nascosa a chi la vuole ricevere), cioè che t’innalzasti nella misericordia mia con umilitá, dicendo: — Io confesso al mio Creatore che la vita mia non è passata altro che in tenebre; ma io mi nascondarò nelle piaghe di Cristo crocifixo e bagnarommi nel sangue suo; e cosi avarò consumate le iniquitá mie e godarommi, per desiderio, nel mio Creatore.

Sai che alora el dimonio fuggi. E tornando poi con l’altra, cioè di volerti levare in alto per superbia, dicendo: — Tu se’ perfecta e piacevole a Dio; non bisogna piú che t’affliga né che pianga e’ difecti tuoi; — donandoti Io alora el lume, vedesti la via che ti conveniva fare, cioè d’umiliarti; e rispondesti al