Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/135

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do dilecto d’una allegrezza mentale; alcuna volta una contrizione e uno dispiacimento, che parrá che la mente sia conturbata in sé; alcuna volta sarò ne l’anima e non mi sentirá; alcuna volta formarò la mia Veritá, Verbo incarnato, in diversi modi dinanzi a l’occhio de l’intellecto suo, e nondimeno non parrá che essa, nel sentimento de l’anima, el senta con quello calore e dilecto che a quello vedere le pare che dovesse seguitare; e alcuna volta sentirá e non vedrá grandissimo dilecto.

Tucto questo fo per amore e per conservarla e acrescerla nella virtú de l’umilitá e nella perseveranzia, e per insegnarle che essa non voglia poner regola a me, né il fine suo nella consolazione, ma solo nella virtú fondata in me; ma con umilitá riceva l’uno tempo e l’altro, e con affecto d’amore l’affecto mio con che Io do; e con viva fede creda eh’ Io do a necessitá o della salute sua, o a necessitá di farla venire a la grande perfeczione.

Debba dunque stare umile, facendo el principio e il fine ne l’affecto della mia caritá, e ricevere in essa caritá dilecto e non dilecto, secondo la mia volontá e non secondo la sua. Questo è il modo a non volere ricevere inganno, anco ogni cosa ricevere per amore da me che so’ loro fine, fondati nella dolce mia volontá.

CAPITOLO LXIX

Di quelli e’ quali, per non lassare la loro pace e consolazione, non sovengono al proximo ne le sue necessitadi.

— Hotti decto de l’inganno che ricevono coloro che a loro modo vogliono gustare e ricevare me nella mente loro.

Ora ti voglio dire il secondo inganno di coloro che tucto el loro dilecto è posto in ricevere la consolazione della mente loro; intanto che spesse volte vedranno el proximo loro in necessitá o spirituale o temporale e non li soverranno, socto colore di virtú dicendo: — Io ne perdo la pace e la quiete della mente, e non dico l’ore mie a l’ora né al tempo. — Unde, non