Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/249

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sani e privati della infermitá e lebbra del peccato mortale; essendo forti, si facevano debili; coi macti e semplici si mostravano semplici, e co’ piccoli, piccoli. E cosi con ogni maniera di gente, per umilitá e caritá, sapevano essere, e a ciascuno davano el cibo suo. Questo chi el faceva? la fame e il desiderio, che avevano conceputo in me, de l’onore mio e salute de l’anime. Essi corri vano a mangiarlo in su la mensa della sanctissima croce, non rifiutando labore né fuggivano alcuna fadiga; ma, come zelanti de l’anime e bene della sancta Chiesa e dilatazione della sancta fede, si mectevano tra le spine delle molte tribulazioni, e mectevansi a ogni pericolo con vera pazienzia, gictando incensi odoriferi d’ansíetati desidèri e d’umile e continua orazione. Con le lagrime e sudori ugnevano le piaghe de’ proximi loro, cioè le piaghe della colpa de’ peccati mortali, unde ricevevano perfecta sanitá, se essi umilemente ricevevano cosi facto unguento.

CAPITOLO CXX

Repetizione in somma del precedente capitolo; e de la reverenzia che si debba rendere a’ sacerdoti, o buoni o rei che siano.

— Ora t’ho mostrato, carissima figliuola, una sprizza de l’excellenzia loro: una sprizza, dico, per rispecto di quello che ella è; e narrato della dignitá nella quale Io gli ho posti, perché gli ho electi e facti miei ministri. E per questa auctoritá e dignitá che Io ho dato a loro, Io non voleva né voglio che sieno toccati, per veruno loro difecto, per mano di secolari ; e, toccandoli, offendono me miserabilemente. Ma voglio che gli abbino in debita reverenzia: non loro per loro, come decto t’ho, ma per me, cioè per l’autoritá che Io l’ho data. Unde questa reverenzia non debba diminuire mai perché in loro diminuisca la virtú, né nei virtuosi de’quali Io t’ho narrato delle virtú loro e postiteli ministratori del Sole, cioè del Corpo e del Sangue del mio Figliuolo e degli altri sacramenti, però che questa dignitá