Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/315

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el lume, e però non cognoscono la veritá mia. Ma, se essi si volessero levare la nuvila, la cognoscerebbero e amarebbero, e cosi avarebbero ogni cosa in reverenzia, e nel tempo della ricolta riceverebbero el fructo delle loro fadighe. Ma non dubbiare, figliuola mia, ché di quello che tu mi preghi Io adempirò e’ desidèri tuoi e de’ servi miei. Io so’ lo Dio vostro remuneratore d’ogni fadiga e adempitore de’ sancti desidèri, purché Io trovasse chi in veritá bussasse a la porta de la mia misericordia con lume, acciò che non errassero né mancassero in speranza della mia providenzia.

CAPITOLO CXL

Qui, narrando Dio la providenzia sua verso de le sue creature in diversi altri modi, si lagna de la infedelitá d’esse sue creature. Ed exponendo una figura del vecchio Testamento, dá una utile doctrina.

— Hotti narrato di questo caso particulare: ora ti ritorno al generale. Tu non potresti mai vedere quanta è la ignoranzia dell’uomo. Egli è senza veruno senno o cognoscimento, avendoselo tolto per sperare in sé e confidarsi nel suo proprio sapere. O stolto uomo, e non vedi tu che il sapere tuo tu non l’hai da te, ma la mia bontá, che provide al tuo bisogno, te l’ha dato? Chi tei mostra? Quel che tu in te medesimo pruovi: che tale ora vuoli tu fare una cosa, che tu non la puoi fare né saprai fare. Alcuna volta non avarai el tempo, e, se avarai el tempo, ti mancará el volere. Tucto questo t’è dato da me per prò vedere a la salute tua, perché tu cognosca te non essere e abbi materia d’umiliarti e non d’insuperbire. Unde in ogni cosa truovi mutazione e privazione, però che non stanno in tua libertá: solo la grazia mia è quella che è ferma e stabile, che non ti può essere tolta né mutata (cioè di farti partire da essa grazia e tornare a la colpa), se tu medesimo non te la muti.

Dunque, come puoi levare il capo contra la mia bontá? Non puoi, se tu vuoli seguitare la ragione, né puoi sperare in te