Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/320

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mio. Io so’ giocondo, che tengo l’anima, che si veste della mia volontá, in sommo dilecto. Io so’ quella somma providenzia, che non manco mai a’ servi miei, che sperano in me, né ne l’anima né nel corpo.

E come può credere l’uomo, che mi vede pascere e nutricare il vermine intro el legno secco, pascere gli animali bruti e i pesci del mare, tucti gli animali della terra e gli ucelli de l’aria; sopra le piante mando el sole e la rugiada che ingrassi la terra: e non crederá che Io nutrichi lui, el quale è mia creatura, creata a l’imagine e similitudine mia? Conciossiacosaché tucto questo è facto da la mia bontá in servizio suo. Da qualunque lato egli si volle, e spiritualmente e temporalmente, non truova altro che ’l fuoco e l’abisso della mia caritá con maxima, dolce e perfecta providenzia. Ma egli non vede, perché s’ha tolto el lume e non si dá a vederlo, e però si scandelizza. Ristrigne la caritá verso el proximo suo, e con avarizia pensa el di di domane: el quale li fu vetato da la mia Veritá, dicendo: «Non voliate pensare del di di domane; basti al di la sollicitudine sua», riprendendovi della vostra infedelitá e mostrandovi la mia providenzia e la brevitá del tempo, dicendo: «Non voliate pensare il di di domane». Quasi dica la mia Veritá: — Non pensate di quello che non séte sicuri d’avere; basta il presente di. — E insegnavi a dimandare prima el regno del cielo (cioè la buona e sancta vita), ché di queste cose minime ben so Io, Padre vostro di cielo, che elle vi bisognano, e però l’ho facte e comandato a la terra che vi doni de’ fructi suoi.

Questo miserabile, perché la sconfídenzia sua ha ristrecto el cuore e le mani nella caritá del prossimo, non ha lecta questa doctrina che gli ha data el Verbo mia Veritá. Perché non séguita le vestigie sue, esso diventa incomportabile a se medesimo; èscene, di questo fidarsi in sé e none sperare in me, ogni male: essi si fanno giudici della volontá degli uomini, non veggono che Io gli ho a giudicare: Io e non eglino. La volontá mia non intendono né giudicano in bene, se non quando si veggono alcuna prosperitá, dilecto o piacer del mondo. E, venendo lo’ meno questo, perché l’affecto loro con esperanza era tucto posto