Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/346

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dolce e inextimabile providenzia in quelle tapinelle anime che per ignoranzia perderò il tempo, e perché sonno separate dal corpo, non hanno piú el tempo di potere meritare: unde Io l’ho prò vedute col mezzo di voi, che anco séte nella vita mortale, che avete il tempo per loro; cioè che con le limosine e divino offizio che facciate dire a’ ministri miei, con digiuni e con orazioni facte in istato di grazia, abbreviate a loro il tempo della pena mediante la mia misericordia. Odi dolce providenzia!

Tucto questo ho decto a te che s’appartiene, dentro ne l’anima, alla salute vostra, per farti inamorare e vestire col lume della fede, con ferma speranza nella providenzia mia, e perché tu gitti te fuore di te, e in ciò che tu hai a fare speri in me senza veruno timore servile.

CAPITOLO CXLIX

De la providenzia che Dio usa verso de’ poveri servi suoi, sovenendoli ne le cose temporali.

— Ora ti voglio dire una picciola particella de’ modi ch’io tengo a sovenire i servi miei, che sperano in me, nella necessitá corporale. E tanto la ricevono perfectamente e inperfectamente, quanto essi sonno perfecti e inperfecti, spogliati di loro e del mondo: ma ogniuno proveggo. Unde i povaregli miei, povari per spirito e di volontá, cioè per spirituale intenzione, non semplicemente dico povari, però che molti sonno povari e non vorrebbero essere: questi sonno ricchi quanto alla volontá e sonno mendichi, perché non sperano in me né portano volontariamente la povertá che Io l’ho data per medicina de l’anima loro, perché la ricchezza Farebbe facto male e sarebbe stata loro dannazione; ma e’ servi miei sonno poveri e non mendichi. El mendico spesse volte non ha quello che gli bisogna e paté grande necessitá; ma el povaro non abonda, ma ha apieno la sua necessitá. Io non gli manco mai mentre ch’egli spera in me: conducoli bene alcuna volta