Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/350

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mio Figliuolo. Èscene rivendaría delle carni del proximo suo e del tempo: come sonno gli usurai, che, come ladri, vendono quel che non è loro. Èscene golositá per li molti cibi e disordenatamente prenderli, e disonestá. Ché, se non avesse che spendere, spesse volte non starebbe in conversazioni di tanta miseria. Quanti omicidii, odio e rancore verso il suo proximo, e crudeltá con infidelitá verso di me, presumendo di loro medesimi, come se per loro virtú l’avessero acquistate! Non vedendo che per loro virtú non le tengono né l’acquistano, ma solo per mia, perdono la speranza di me, sperando solo nelle loro ricchezze. Ma la speranza loro è vana, ché, non avedendosene, elle vengono meno: o essi le perdono in questa vita per mia dispensazione e loro utilitá, o essi le perdono col mezzo della morte. Allora cognoscono che vane e none stabili elle erano. Elle inpoveriscono e uccidono l’anima: fanno l’uomo crudele a se medesimo, tolgonli la dignitá dello infinito e fannolo finito, cioè che ’l desiderio suo, che debba essere unito in me che so’ bene infinito, egli l’ha posto e unito per affecto d’amore in cosa finita. Egli perde il gusto del sapore della virtú e de l’odore della povertá, perde la signoria di sé, facendosi servo delle ricchezze. È insaziabile, perché ama cosa meno di sé; però che tucte le cose che sonno create sonno facte per l’uomo perché il servissero e non perché egli se ne faccia servo, e l’uomo die servire a me che so’ suo fine.

A quanti pericoli e a quante pene si mecte l’uomo, per mare e per terra, per acquistare la grande ricchezza, per tornare poi nella cittá sua con delizie e stati; e non si cura d’acquistare le virtú né di sostenere un poca di pena per averle, che sonno la ricchezza de l’anima. Essi sonno tucti ammersi il cuore, e l’affecto, che debba servire a me, egli l’hanno posto nelle ricchezze, e con molti guadagni inliciti carica la conscienza loro. Vedi a quanta miseria egli si recano e di cui e’ si sonno facti servi: non di cosa ferma né stabile, ma mutabile, ché oggi son ricchi e domane povari; ora sonno in alto, ora sonno a basso; ora sono temuti e avuti in reverenzia dal mondo per la loro ricchezza, e ora è facto beffe di loro avendola perduta, con