Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/368

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Tu se’ unta di vera umilitá, e però non appetisci le cose del proximo fuore della volontá mia. Tu se’ dricta senza veruna tortura, ché fai el cuore dricto e non fleto, amando liberalmente e non fictivamente la mia creatura. Tu se’ una aurora, che meni teco la luce della divina grazia. Tu se’ uno sole che scaldi, perché non se’ senza el calore della caritá. Tu fai germinare la terra, cioè che gli strumenti de l’anima e del corpo tucd producono fructo, che dá vita in sé e nel proximo suo. Tu se’ tucta gioconda, perché non hai turbata la faccia per inpazienzia, ma ha’ la piacevole con la piacevolezza della pazienzia, tucta serena di fortezza. Se’ grande con longa perseveranzia, si grande che tieni dal cielo alla terra, perché con essa si diserra il cielo. Tu se’ una margarita nascosta e non cognosciuta, calpestata dal mondo, avilendo te medesima, sottoponendoti alle creature. Egli è si grande la tua signoria, che veruno è che ti possa signoreggiare, perché se’ escita della mortale servitudine della propria sensualitá, la quale ti tolleva la dignitá tua. Morto questo nemico, con l’odio e dispiacimento del proprio piacere, hai riavuta la tua libertá.

CAPITOLO CLVI

Qui insiememente si parla de la miseria de li inobedienti e de la excellenzia de li obedienti.

— Ma Io ti dico, carissima figliuola, tucto questo ha facto la bontá e providenzia mia, che providdi che ’l Verbo racconciasse la chiave, come decto è, di questa obbedienzia; ma gli uomini del mondo, privati d’ogni virtú, fanno tucto il contrario. Essi, si come animali sfrenati, perché non hanno il freno de l’obbedienzia, corrono, andando di male in peggio, di peccato in peccato, di miseria in miseria, di tenebre in tenebre e di morte in morte; tanto che si conducono in su la fossa della extremitá della morte col vermine della conscienzia che sempre gli rode. E poniamo che anco possano ripigliare l’obbedienzia di volere

Santa Caterina da Siena, Libro della divina dottrina.

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