Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/378

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E perché i veri obbedienti hanno veduto, col lume della fede, che col carico delle ricchezze e col peso della loro volontá essi non possono passare per questo sportello senza grande loro fadiga e che non vi lassi la vita, né andare col capo alto che non sei rompano, chinandolo, vogliano essi o no, con loro pena; però gittano via el carico delle ricchezze e della propria loro volontá, observando il voto della povertá volontaria, e non vogliono possedere, perché veggono, col lume della fede, in quanta ruina essi ne verrebbero. Egli trapassarebbero l’obbedienzia, ché non observarebbero il voto promesso della povertá. Essi ne vengono nella superbia, portando il capo ricto della volontá loro; e, convénendo lo’ alcuna volta pure obbedire, essi non il chinano per umilitá, ma passanla con superbia, chinando il capo per forza. La quale forza rompe il capo a la volontá, facendo quella obbedienzia con dispiacimento de l’ordine e del prelato loro. A mano a mano essi si vedrebbero ruinare ne l’altro, trapassando il voto della continenzia; però che colui, che non ha ordinato l’appetito suo, né spogliatosi della substanzia temporale, piglia le molte conversazioni e truova degli amici assai, che l’amano per propria utilitá. Dalle conversazioni vengono alle strecte amistá. Il corpo loro tengono in delizie, perché non hanno la baglia de l’umilitá, non hanno la sorella sua della viltá; e però stanno nel piacere di loro medesimi, stando agiatamente e dilicatamente, non come religiosi, ma come signori ; non con la vigilia e orazione. Per queste e molte altre cose, le quali l’adivengono e fanno perché hanno che spendere (ché, se non avessero che spendere, non l’adiverrebbe), caggiono nella inmondizia corporale o mentale: ché, se alcuna volta, per vergogna o per non avere il modo, essi se n’astengono corporalmente, non si asterranno mentalmente. Ché inpossibile sarebbe a quegli che sta in molta conversazione, in dilicatezza di corpo, in prendere disordenatamente i cibi e senza la vigilia e orazione, conservare la mente sua pura.

E però il perfecto obbediente vede dalla longa, col lume della sanctissima fede, il male e il danno che ne gli verrebbe del possedere la substanzia temporale, e l’andare col peso della propria volontá. E vede bene che pure passare gli conviene