Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/381

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quel bene che egli ha in sé vorrebbe porgere a loro, vedendo che piú loda e gloria tornarebbe al nome mio avere di molti di quelli che observassero l’ordine, che pure di lui. E però s’ingegna di chiamare e religiosi e secolari con la parola e con l’orazione: per qualunque modo egli può, s’ingegna di trarli della tenebre del peccato mortale.

Si che le conversazioni del vero obbediente sonno buone e perfecte, o con giusti o con peccatori che sieno, per l’ordinato affecto e larghezza di caritá. Della cella si fa uno cielo, dilectandosi di parlare e conversare in me, sommo e etterno Padre, con affecto d’amore, fuggendo l’ozio con l’umile e continua orazione. E quando e’ pensieri, per illusione del dimonio, gli abbondano in cella, non si pone a sedere nel lecto della negligenzia, abbracciando l’ozio, né vuole investigare per ragione le cogitazioni del cuore, né i suoi pareri: ma fugge l’ozio, levando sé sopra di sé con odio sopra el sentimento sensitivo, e con vera umilitá e pazienzia a portare le fadighe che sente nella mente sua; resiste con la vigilia e umile orazione, veghiando l’occhio de l’intellecto suo in me, vedendo col lume della fede che Io so’ suo subvenitore, e che Io posso, so e voglio subvenirlo; apro le braccia della mia benignitá, e però gli li permecto perché sia piú sollicito a fugire da sé e venire a me. E se l’orazione mentale, per la grande fadiga e tenebre della mente, paresse che gli venisse meno, egli piglia la vocale o l’exercizio corporale, acciò che con la vocale ed exercizio corporale fugga l’ozio. Con lume raguarda in me, che per amore gli li do, unde traie fuore il capo della vera umilitá, reputandosi indegno della pace e quiete della mente, come gli altri servi miei, e degno delle pene. Perché giá ha avilito nella mente sua se medesimo con odio e rimproverio di sé, non pare che si possa saziare delle pene, non mancandoli la speranza né la providenzia mia, ma con fede e con la chiave de l’obbedienzia passa per questo mare tempestoso nella navicella de l’ordine; e cosi è abitatore della cella, fuggendovi l’ozio, come decto è.

L’obbediente vuole essere il primo che entri in coro e l’ultimo che n’esca. E quando vede il frate piú obbediente e