Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/113

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CAPITOLO LX

Della imperfezione di quelli che amano e servono Dio per propria utilitá e diletto e consolazione.

Alquanti sonno che sonno fatti servi fedeli, cioè che fedelmente mi servono, senza timore servile (servendo solo per timore della pena), ma servono con amore. Questo amore, cioè di servire per propria utilitá o per diletto o piacere che truovino in me, è imperfetto. Sai chi lo”l dimostra che l’amore loro è imperfetto? quando sonno privati della consolazione che trovavano in me. E con questo medesimo amore imperfetto amano el prossimo loro. E però non basta né dura l’amore: anco allenta, e spesse volte viene meno. Allenta inverso di me quando alcuna volta Io, per esercitargli nella virtú e per levarli dalla imperfezione, ritrago a me la consolazione della mente e permetto lo’ battaglie e molestie. E questo fo perché vengano ad perfetto cognoscimento di loro, e conoscano loro non essere, e neuna grazia avere da loro. E nel tempo delle battaglie rifuggano a me, cercandomi e cognoscendomi come loro benefattore, cercando solo me con vera umilitá. E per questo lo’ ’l do e ritrago da loro la consolazione, ma non la grazia.

Questi cotali alora allentano, voltandosi con impazienzia di mente. Alcuna volta lassano per molti modi e’loro esercizi, e spesse volte sotto colore di virtú, dicendo in loro medesimi:— Questa operazione non ti vale, — sentendosi privati della propria consolazione della mente. Questi fa come imperfetto che anco non ha bene levato el panno dell’amore proprio spirituale della pupilla dell’occhio della santissima fede. Però che, se egli l’avesse levato in veritá, vedrebbe che ogni cosa procede da me e che una foglia d’arbore non cade senza la mia providenzia; e che ciò che Io do e permetto, do per loro santificazione, cioè perché abbino el bene e il fine per lo quale Io

vi creai.