Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/136

Da Wikisource.

avendo la consolazione, ne lo’ pare offendere me : ed essi sonno ingannati dal proprio diletto spirituale della mente loro; e offendonmi piú non sovenendo alla necessitá del prossimo che lassando tutte le loro consolazioni. Perché ogni esercizio vocale e mentale è ordinato da me, che l’anima el facci per giognere alla caritá perfetta di me e del prossimo, e di conservarla in essa caritá. Si che egli m’offende piú lassando la caritá del prossimo per lo suo esercizio attuale e quiete di mente, che lassando l’esercizio per lo prossimo.

Perché nella caritá del* prossimo truovano me, e nel diletto loro, dove cercano me, ne sarebbero privati. Però che, non sovenendo, ipso facto diminuiscono la caritá del prossimo; diminuita la caritá del prossimo, diminuisce l’affetto mio verso di loro; diminuito l’affetto, diminuita la consolazione. Si che, volendo guadagnare, essi perdono ; e volendo perdere, guadagnano ; cioè che, volendo perdere le proprie consolazioni in salute del prossimo, riceve e guadagna me e il prossimo suo, sovenendolo e servendolo caritativamente.

E cosi gustarebbero in ogni tempo la dolcezza della caritá mia. E, non facendolo, stanno in pena: perché alcuna volta si converrá pur che’l sovenga, o per forza o per amore, o per infermitá corporale o per infermitá spirituale che egli s’abbi ; sovenendolo, el soviene con pena, con tedio di mente e .stimolo di coscienzia, e diventa incomportabile a sé e ad altrui. E chi el dimandasse : — Perché senti questa pena ? — rispondarebbe : — Perché mi pare avere perduta la pace e la quiete della mente, e molte cose, di quelle che io solevo fare, ho lassate, e credone offendere Dio. — Ed egli non è cosi; ma perché’l suo vedere è posto nel proprio diletto, però non sa discernere né cognoscere in veritá dove sta la sua offesa. Però che vedrebbe che l’offesa non sta in non avere la consolazione mentale, né in lassare l’esercizio dell’orazione nel tempo della necessitá del prossimo suo; anco sta in essere trovato senza la caritá del prossimo, el quale egli debba amare e servire per amore di me.

Si che vedi come s’inganna solo col proprio amore spirituale verso di sé.