Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/210

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alcuno lume di grazia e in un altro no (e ambedue sonno pure servi miei), ma paressetelo vedere con la mente aviluppata e tenebrosa, none il debbi né puoi pigliare però in giudicio di difetto di grave colpa in lui, però che spesse volte il tuo giudicio sarebbe falso. E voglio che tu sappi che alcuna volta, pregandomi per una medesima persona, adiviene che l’una volta el trovarai con uno lume e con uno desiderio santo dinanzi a me, in tanto che del suo bene parrá che Fanima tua ingrassi, si come vuole l’affetto della caritá che participiate il bene l’uno dell’altro ; e un’altra volta el trovarai che parrá che la mente sua sia di longa da me e tutta piena di tenebre e di molestie, che parrá che a te medesima ,sia fadiga a pregare per lui tenendolo dinanzi a me.

Questo adiviene alcuna solta che potrá essere per difetto che sará in colui per cui hai pregato; ma el piú delle volte non sará per difetto, ma avrá per sottraimento che Io, Dio eterno, avarò fatto di me in quella anima, si come spesse volte Io fo, per fare venire l’anima a perfezione, secondo che negli stati dell’anima Io ti narrai. Sarommi ritratto per sentimento, ma non per grazia; ma per sentimento di dolcezza e di consolazione. E però rimane la mente sterile, asciutta e penosa. La quale pena Io fo sentire a quella anima che per lui prega. E questo fo per grazia e per amore che Io ho a quella anima che riceve l’orazione, acciò che chi prega insiememente con lui aiti a dissolvere la nuvila che è nella mente sua.

Si che vedi, carissima e dolcissima figliuola, quanto sarebbe ignorante e degno di grande reprensione questo giudicio, che tu o alcuno altro per questo semplice vedere giudicassi che vizio fusse in quella anima, perché Io te la manifestasse cosi tenebrosa; dove giá hai veduto che egli non è privato della grazia, ma del sentimento della dolcezza che Io, per sentimento, gli davo di me.

Voglio dunque, e debbi volere tu e gli altri servi miei, che vi diate a cognoscere perfettamente voi, acciò che piú perfettamente cognosciate la bontá mia in voi. E questo e ogni altro giudicio lassate a me, però che egli è mio e non vostro;