Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/264

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colui che vuole intrare nell’ordine non debba mirare a quegli che sonno gattivi, ma debba navigare sopra i e braccia dell’ordine, che non è infermo né può infermare, observandolo infino alla morte. Dicevoti che a tanto erano venuti per li mali correggitori e per li gattivi subditi, che quelli, che tengono l’ordine schiettamente, lo’ pare che trapassino l’ordine, non tenendo i loro costumi e non osservando le loro cerimonie, le quali hanno ordinate e osservandole negli occhi de’ secolari, volendo compiacere, per mantellare i difetti loro.

Si che vedi che il primo voto dell’obbedienzia, d’observare l’ordine, non l’adempiono; della quale obbedienzia in un altro luogo ti parlarò. Fanno voto ancora d’observare volontaria povertá e d’essere continenti. Questo come essi l’observano, mira le possessioni e la molta pecunia che essi tengono in particulare, separati dalla caritá comune di comunicare co’ frati suoi le ,sustanzie temporali e le spirituali, si come vuole l’ordine della caritá e l’ordine suo. Ed essi non vogliono ingrassare altro che loro e gli animali; e l’una bestia nutrica l’altra, e il suo povero frate muore di freddo e di fame. E poi che è bene foderato egli e ha le buone vivande, di lui non pensa, né con lui si vuole ritrovare alla povera mensa del refettorio. El suo diletto è di potere stare dove egli si possa empire di carne e saziare la gola sua. Impossibile gli è a questo cotale di observare il terzo voto della continenzia, però che ’l ventre pieno non fa la mente casta; anco diventano lascivi con disordinati riscaldamenti. E cosi vanno di male in male, e molto ne l’adiviene del male per lo possedere; perché, se essi non avessero che spendere, non viverebbero tanto disordinatamente e non avarebbero le curiose amistá, però che, non avendo che donare, non si tiene l’amore né l’amistá, che è fondata per amore del dono e per alcuno diletto e piacere che l’uno traie dell’altro, e non in perfetta caritá.

Oh miseri, posti in tanta miseria per li loro difetti, e da me sonno posti in tanta dignitá ! Essi fuggono dal coro, come se fusse uno veleno. E se essi vi stanno, gridano con la voce, e il cuore loro è dilonga da me. Alla mensa dell’altare se