Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/289

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favello in generale. E anco ricevono maggiore dignitá per lo stato del sacerdote, perché propriamente lo’ fu dato l’officio del mangiare anime per onore di me. E poniamo che a ciascuno sia dato che tutti doviate stare nella dilezione del prossimo vostro, a costoro è dato a ministrare il Sangue e a governare l’anime ; unde, facendolo sollicitamente e con affetto di virtú, come detto è, ricevono costoro piú che gli altri.

Oh, quanto è beata l’anima loro quando vengono all’estremitá della morte, perché sonno stati annunziatori e difenditori della fede al prossimo loro. Eglino se l’hanno incarnata intro le mirolla dell’anima, con la quale fede veggono el luogo loro in me. La speranza con la quale sonno vissuti, sperando nella providenzia mia, perdendo ogni speranza di loro medesimi (cioè di none sperare nel loro proprio sapere); e perché essi perderò la speranza di loro, non posero affetto disordinato in veruna creatura né in veruna cosa creata, perché vissero poveri volontariamente; e però con grande diletto distendono la speranza loro in me. El cuore loro (che fu uno vasello di dilezione che portava el nome mio con ardentissima caritá, l’annunziavano con esemplo di buona e santa vita e con la dottrina della parola al prossimo loro) levasi adunque con amore ineffabile e stringe me per affetto d’amore, che so’ suo fine, recandomi la margarita della giustizia perché la portò sempre dinanzi da sé facendo giustizia a ogniuno e rendendo discretamente il debito suo. E però rende a me giustizia con vera umilitá e rende gloria e loda al nome mio, perché retribuisce aver avuto da me grazia d’avere corso el tempo suo con pura e santa coscienzia; e a sé rende indegnazione, reputandosi indegno d’avere ricevuta e ricevere tanta grazia.

La coscienzia sua mi rende buona testimonianza, e Io a lui giustamente rendo la corona della giustizia adornata delle margarite delle virtú, cioè del frutto che la caritá ha tratto delle virtú. O angelo terrestre ! beato te che non se’ stato ingrato de’ benefizi ricevuti da me e non hai commessa negligenzia né ignoranzia; ma sollicito, con vero lume, tenesti l’occhio tuo aperto sopra e’ sudditi tuoi, e come fedele e virile pastore hai