Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/410

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Lo voltò in latino anche il beato Raimondo, e vi accenna egli stesso nel prologo primo della sua Leggenda b):

Altissimo è certamente lo stile di questo libro, si che a mala pena trovasi una maniera di parlar latino che possa corrispondere all’altezza di quello stile, coni’ io stesso ne faccio esperimento, ora che m’affatico a trasportarlo in quell’idioma.

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Si ha conferma di questa sua versione nel codice latino cclxxii del monastero di Subiaco, e nella stampa latina fatta in Brescia nel 1496 dal De Misintis, che dicesi essere appunto la versione del beato Raimondo.

Il titolo di questo libro non rimase sempre lo stesso; ma, come abbiam veduto dalle parole del Maconi, fin da quel tempo cominciava, a cagione della sua forma, ad esser chiamato Dialogo. In séguito poi il titolo variò in piú modi: Libro o Dialogo o Trattato della divina provvidenza ; Libro della divina rivelazione ; Rivelazioni ; Libro o Dialogo della divina dottrina , ecc., ma piú spesso: Dialogo della divina providenza.

E crebbe tanto la fama di Caterina, e cosi grande era la reverenza alla sua alta mente e alle sue sublimi virtú, che del I^ibro furon fatte molte copie manoscritte.

Con l’introduzione della stampa in Italia cominciarono le edizioni del Libro prima ancora che cessasse l’uso di farne copie manoscritte, delle quali si trovano alcune di data posteriore a quella che è ritenuta edizione principe, 1472. Da quest’anno fino al 1496 il Libro fu ristampato altre sette volte; undici nel secolo xvi, e nove nei tre secoli successivi. Ma, pur avendo certezza che non vi sono altri incunaboli oltre quelli appresso notati, non si può essere egualmente sicuri che non sia sfuggita qualcuna delle edizioni posteriori, per quanta diligenza siasi posta nelle ricerche.

Veramente, e le copie manoscritte e anche piú le antiche stampe non riprodussero fedelmente il Libro ; ma nelle une e nelle altre si riscontrano alterazioni di vocaboli e di modi di dire, anche a seconda degli usi dialettali del luogo e del tempo in cui furono scritte o stampate. Furon di quelli i quali, oltre alla continua intromissione di «onde», «adunque», «sicché», ecc. sostituirono costantemente il verbo «congiungere» al verbo «unire» usato

1) Proiogus prúnus, 8.