Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/71

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Il quale dimorilo con la vela della tua propria volontá t’ha menato per la via di sotto, la quale è uno fiume corrente; unde t’ ha condotto con lui insieme all’eterna dannazione.

CAPITOLO XXXVII

Della seconda reprensione, nella quale si riprende della ingiustizia e del falso giudicio in generale e in particulare.

— Questa feconda reprensione, carissima figliuola, è in fatto, perché è gionto all’ultimo dove non può avere rimedio, perché s’è condotto alla estremitá della morte, dove il vermine della coscienzia (del quale Io ti dissi che era aciecato per lo proprio amore che egli aveva di sé), ora, nel tempo della morte, perché vede sé non potere escire delle mie mani, questo vermine comincia a vedere, e però rode con reprensione se medesimo, vedendo che per suo difetto è condotto in tanto male. Se essa anima avesse lume che cognojscesse, e dolessesi della colpa sua non per la pena dell’ inferno che nelle séguita, ma per me che m’ha offeso che so’somma ed eterna bontá, anco trovarebbe misericordia. Ma se passa el ponto della morte senza lume, e solo col vermine della coscienzia, e .senza la speranza del Sangue; o con propria passione, dolendosi del danno suo piú che dell’offesa mia ; egli giogne all’eterna dannazione.

E alora è ripreso crudelmente dalla mia giustizia, ed è ripreso della ingiustizia e del falso giudicio. E non tanto della ingiustizia e giudicio generale, il quale ha usato nel mondo generalmente in tutte le sue operazioni ; ma molto maggiormente sará ripreso della ingiustizia e giudicio particulare, il quale ha usato nell’ultimo, cioè d’avere posta, giudicando, maggiore la miseria sua che la misericordia mia. Questo è quello peccato che non è perdonato né di qua né di lá, perché non ha voluto, spregiando, la mia misericordia ; però che piú m’è grave questo che tutti gli altri peccati che egli ha commessi. Unde la disperazione di Giuda mi spiacque piú e fu piú grave