Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/97

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CAPITOLO XLIX

Come el timore servile non è sufficiente a dare vita eterna; e come esercitando questo timore si viene ad amore delle virtú.

— Ora ti dico che alquanti sonno che, sentendosi speronare dalle tribulazioni del mondo (le quali Io do acciò che l’anima cognosca che ’l suo fine non è questa vita e che queste co,se sonno imperfette e transitorie, e desideri me che so’ suo fine, e cosi le debba pigliare), questi cominciano a levarsi la nuvila con la propria pena che essi sentono, e con quella che veggono che lo’ debba seguitare doppo la colpa. Con questo timore servile cominciano a escire del fiume, bomicando el veleno el quale l’era stato gittato dallo scarpione in figura d’oro, e preso l’avevano senza modo e non con modo, e però ricevettero el veleno da lui. Cognoscendolo, el cominciano a levare e dirizzarsi verso la riva per attaccarsi al ponte.

Ma non è sufficiente d’andare solo col timore servile; però che spazzare la casa del peccato mortale, senza empirla di virtú fondate in amore e non pure in timore, non è sufficiente a dare vita eterna, ,se esso non pone amenduni e’ piei nel primo scalone del ponte, cioè l’affetto e il desiderio, e’quali sonno e’piei che portano l’anima nell’affetto della mia veritá, della quale Io v’ho fatto ponte.

Questo è il primo scalone del quale Io ti dissi che vi conveniva salire, dicendoti come Egli aveva fatta scala del corpo suo. Bene è vero che questo è quasi uno levare generale che comunemente fanno e’ servi del mondo, levandosi prima per timore della pena. E perché le tribolazioni del mondo alcuna volta lo’ fa venire a tedio loro medesimi, però lo’ comincia a dispiacere. Se essi esercitano questo timore col lume della fede, passaranno all’amore delle virtú.

Ma alquanti sonno che vanno con tanta tepidezza die spesse volte vi ritornano dentro, però che poi che sonno gioliti alla