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Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/17

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i tempi di catullo. 11

mano ogni suo privilegio; il senato, di cui s’inforsò l’autorità; il popolo, a cui si resero impossibili i comizi:1 gl’Italici, vinti in campo con l’armi, vinceano col voto in città. La responsabilità dei magistrati diminuita in ragione diretta dell’estensione delle conquiste; prorogate le magistrature e gl’imperi: ai tribuni per poter meglio resistere e per far più dispetto alla nobiltà; ai consoli per mal inteso zelo d’utilità pubblica;2 accordati pieni poteri ai governatori, semplici magistrati a Roma, magistrati supremi ed inappellabili nelle province. Da ciò quattro mali: la riputazione e le cariche ristrette in pochi; la prepotenza dei proconsoli e dei pretori; l’oppressione e il malcontento dei provinciali; la corruzione dell’esercito divenuto servo del mestiere e partigiano di chi il comandava.

Il senato, già mente e cuore della repubblica, degno, come dice Bossuet, delle lodi dello Spirito Santo, che non isdegnò di notare nel libro dei Maccabei l’alta prudenza ed i vigorosi consigli di quella sapiente assemblea,3 il senato perde mano mano ogni podestà; soggiace alla forza delle armi, o all’astuzia degl’intrighi; vien reclutato dal più potente,4 invaso un po’ per volta da quella razza bastarda di ricchi, venuta su a furia di concussioni e di ladronecci, che non contenta di spadroneggiare nelle province soggette, s’insinua mascheratamente in Roma, compra le anime degli altri per vender poi la propria alla sua volta; schiaccia i

  1. Laboulaye, Organis. des tribunaux, etc.
  2. Machiavelli, Discorsi, lib. III, 24.
  3. Bossuet, Disc. sur l’Hist. univ., III, 6.
  4. Svetonio, in Jul. Caesare, 41.