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26 la vita di catullo.

dell’esistenza, sognar fiori e sorrisi e corone di stelle, quando non abbiamo altro d’intorno che tenebre dolorose e triboli avvelenati. Fu questa smania indefinita e il desiderio di compire i suoi studii e di completare il suo cuore, che spinse il giovane Valerio a recarsi a Roma.

Gittate ad un tratto ed a quell’età in quello splendido vortice di vizi, di grandezza, di seduzioni, fra quel vertiginoso agitamento d’uomini e di cose, in cui si confondevano in un fragore inebriante i trionfi, le sedizioni, i tumulti, le pazze grida d’una folla scioperata e venale e il gemito prolungato della miseria, il baccanale del vizio e la bestemmia della virtù; inesperto di tutte cose del mondo, con l’anima riboccante di carmi e di giovinezza, l’ingegno nudrito di forti studii, lo scrigno ben fornito di sesterzi, egli non dubitò un istante di tuffarsi a capo fitto nella vita, con la sprezzante baldanza d’un giovane nuotatore; bevere a larghi sorsi il piacere, non pensando neppure che potrebbe un giorno o l’altro restarne soffocato. Che ne avvenne? Domandiamolo a tutti quei giovani d’ingegno, che abituati a viver più tempo dentro alle primaverili regioni della fantasia, credono conoscere la vita e la società, aver la forza di padroneggiare le impressioni, combatter l’ire manifeste degli uomini, scoprire le arti insidiose dei vili, e con la sicurezza di queste superbe illusioni si lanciano nella società, come nel proprio elemento.