Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/41

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la vita di catullo.

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l’età dei trent’anni principia ad esser formidabile. Quel non so che di buono, che c’è naturalmente nell’anima di tutte le donne, quel sesto senso, direi, quel tatto dell’anima, quell’istintiva virtù di repulsione, che le rende in certi casi più accorte, più sagge, più virtuose di noi, a forza di mutare amanti e capricci s’è venuto mano mano perdendo; non si crede più ad un amore che ad uno spasso; l’anima ha bell’è fatto il callo, e per procacciarle un solletico bisogna ricorrere agli eccitanti; far proprio come i vecchi bevitori, che ricorrono all’acquavite e all’assenzio, quando il vino non basta più a dar piacere al loro palato. E, a farla apposta, quando più l’appetito cresce, tanto più l’avventure doventano rare; il terribile corteo di capelli bianchi e di grinze comincia a sfidare i dedalei secreti della teletta; simile agli spettri che appariscono in sogno a Riccardo terzo, spaventa le loro veglie, turba i loro sonni; esse si abbrancano disperatamente all’ultimo lembo della giovinezza che fugge, come il naufrago all’ultima doga di botte che galleggia sulle acque tempestose.

L’età dei ventisei anni, al contrario, è la più adatta in un uomo a prendere una forte e indomabile passione. Fino ai venti anni si suol fare all’amore, così per dire, o per far le viste; un po’ per istinto, un po’ per vanità. L’anima umana è allora in istato di nebulosa (mi si permetta la frase): se qualcosa n’esce, è un amore che odora di Petrarca ad un miglio. Dopo i vent’anni però il dominio delle passioni potrà essere in noi più ordinato, più temperato, men dispotico e tempestoso di prima, ma appunto per questo le nostre passioni diventano più tenaci, più ostinate, più ferme. In un