Pagina:Cennini - Il libro dell'arte, 1859.djvu/23

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prefazione. xiii

antichi metter sempre innanzi il nome di Dio, dice di averlo fatto a riverenza di Dio e de’ Santi che quivi nomina, invocando la Santissima Trinità, la Vergine Maria, San Luca Evangelista «primo pittore cristiano,» Sant’Eustachio suo particolare avvocato, e tutti generalmente i Santi e Sante del Paradiso. Avvi in quelle due pagine una elevazione di pensieri e di linguaggio, che mostra di quali spiriti fossero allora informati gli artisti, e come del senso morale facessero fondamento a ogni cosa, e della morale bellezza vestissero parole ed opere.

Distingue nel capitolo ii coloro che vengono all’arte per inclinazione naturale e per gentilezza d’animo, da quelli che la seguitano per povertà e necessità del vivere; commendando sopra tutti chi si mette a quella per amore e per gentilezza. Dice nel iii di quali virtù debbono esser ornati quelli che si dànno alla pittura; ciò sono: amore, timore, ubbidienza e perseveranza. Nei capitoli che seguitano fino al xxiv, espone ciò che si appartiene al disegnare in ogni maniera con stile di piombo, con penna, e con carbone. Dal xxv al lxii parla della natura de’ diversi colori, del macinarli e mescolarli, e come si facciano i pennelli; del modo di lavorare in muro in fresco e in secco, e delle misure e proporzioni del corpo umano; del modo di fare i colori con olio di semelino e del dipignere con essi sopra ogni materia. — Non ommette di additare i lavori più materiali e le operazioni più meccaniche dell’arte; come a dire: delle carte lucide e delle tinte; delle colle; dello spianare, agguagliare, ingessare le tavole per dipingere; del disegnare sulle tavole; del farvi i rilievi; del mettere d’oro, del brunire e del granare; del ritrarre e contraffare ogni maniera di drappi, velluti e panni, visi, capelli, barbe, casamenti


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