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Distinzione tra l'arte e la bellezza 51

siamo ricavarne. Se diciamo che l’unico fine di una certa forma della nostra attività è il nostro piacere, e la definiamo secondo il piacere che ci cagiona, la nostra definizione sarà certamente errata. Ma ciò è per l’appunto quanto accade nelle solite definizioni dell’arte. Nella questione del nutrimento a nessuno verrà in mente d’affermare che l’importanza d’alimento si misuri dalla somma di piacere che ne ricaviamo. Ciascuno ammette e comprende che sulla soddisfazione del palato non si può fondare una definizione del valore d’un dato alimento, e che perciò non abbiano il diritto d’argomentare che il pepe di Caienna, il cacio di Limbourg, l’alcool, ecc., a cui siamo avvezzi e che ci piacciono, formino il migliore degli alimenti. Ora nella questione dell’arte abbiamo un caso analogo. La bellezza, ossia quello che ci piace, non può in alcun modo servirci di fondamento a definir l’arte, nè la schiera degli oggetti che ci procurano piacere può esser considerata come il modello dell’arte. Cercare l’oggetto e il fine dell’arte nel godimento che se ne ricava, è imaginare, come sogliono i selvaggi, che l’oggetto e il fine dell’alimentazione stiano nel piacere che ne proviene.

In entrambi i casi il piacere non è che un