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[1853] Le frasi storiche della Grande Guerra 643

davanti le trincee nemiche, si spingeva innanzi due volte, animosamente, per disinipegnare il suo compito. Monfalcone, 23-24 giugno 1915». Del resto, dell’animo semplice e patriottico del Pompili, può anche far testimonianza questa ingenua letterina che subito dopo Vittorio Veneto egli scrisse spontaneamente al Direttore (cieco come lui) tenente Nicolodi della Casa di Convalescenza e di Lavoro per i militari ciechi, di Firenze, dove il Pompili era stato dopo la guarigione ricoverato per oltre un anno: «Paliano, 8. 11. 918. Egregio signor Direttore, Per la grande e gloriosa vittoria che abbiamo avuto, ho pensato a scrivere subito a Lei, facendole sapere qual gioia e consolazione ha provato il mio cuore: i miei occhi rimasti sul campo di battaglia mi è apparso come un’illucinazione (sic) mi pareva in quel monmento di vedere e di potere ancora io correre per riabbracciare i miei fratelli d’arme che mi hanno cosi saputo bene vendicare....».

Il pensiero di abnegazione che ispirò le parole del Pompili, si ritrova in altre frasi numerosissime dette da altri valorosi soldati, ufficiali o fanti. Già a pag. 627 ricordammo le belle parole vergate in punto di morte dal cap. Arbarello; eccone per esempio altre di un eroico ufficiale, riportate dall’on. Luigi Gasparotto in principio di quel suo bellissimo Diario di un fante che è una delle cose migliori stampate per la nostra guerra (Milano, 1919). Nel vol. I, pag. 10, sotto la data del 30 luglio 1915, parlando dei replicati, infruttuosi, sanguinosi attacchi al monte Coston, sopra Arsiero, nell’altipiano vicentino, «Cinque compagnie del 71°e del 72° fanteria (brigata Puglie) hanno tentato di riprenderlo, ma, giunte sotto la parete calcarea che gira attorno alla cima come una fascia attorno al dorso di un uomo, sono state flagellate. I morti sono rimasti sul terreno, i vivi deferiti al tribunale di guerra. Eppure, si sono tutti battuti bene. Il tenente Buongermini, ferito quasi a morte, trovò la forza e la serenità di mandare al capitano Bergnia questo biglietto: Ho le gambe spersate ma sorrido. Ho fatto il mio dovere: viva l’Italia!». L’eroica fine del sottotenente Enrico Buongermini, di Lagonegro (Potenza), di cui l’on. Gasparotto ha voluto fissare la memoria, fu in realtà un poco diversa: e i particolari, anche più belli, furono narrati dal senatore G. De Lorenzo in una noterella Un fante comunicata al giornale di Napoli Il Mattino, del 15-16 luglio 1920: «.... Trasportato a braccio fuori del