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le due prime canzoni 115

rare ch’ella mi conoscesse di persona, perchè certo mi troverà minore assai che forse non pensa: ma io tanto veramente e grandemente la amo che mi fa dare in pazzie il solo pensare che l’anno vegnente, se la speranza ch’ella mi ha dato non è vana, io vedrò lei e le parlerò.»1

Il Giordani avea divisato di andare nel maggio del 1818, poi nel luglio, poi dovè ritardare ancora. Nelle lettere che si scrissero nel frattempo si accenna più d’una volta a cotesta andata; si parla al solito di studi, e della cattiva salute e della malinconia del poeta, a cui il Giordani vuole a ogni modo trovare un rimedio. «Se alla salute, scrive, è indispensabile l’uscire un poco di costì, m’inginocchierò a vostro padre; e forse si troverà modo a conseguirne questa grazia» (21 febbraio 1818). Anche gli dice che vuole stampare egli stesso a Milano o a Piacenza un libretto delle sue composizioni: «Pensate intanto a raccoglierle e accomodarle al vostro modo: che quando sarò costì ne parleremo e disporremo la cosa alla esecuzione» (8 marzo 1818).

Quanto più si avvicinava il tempo dell’arrivo del Giordani, tanto più cresceva l’impazienza di Giacomo. Il 25 maggio gli scrive: «Siamo alla line di maggio, e fra luglio e questo c’è solamente un mese. Che? Non verrete più in luglio?» Poi il 31 luglio, sapendo che avrebbe tardato ancora: «V’amo e vi aspetto;» e il 14 agosto: «Io v’aspetto impazientissimamente.» E di nuovo il 31 agosto: «Frattanto v’aspetterò io, e con me un opuscolo molto sudato.» Quest’ultima lettera s’era incrociata con una del Giordani del 26 agosto, che finalmente annunziava: «Se non muoio fra pochi dì, fra pochi dì ci vedremo.»

E verso la metà di settembre arrivò a Recanati, smontò ad una locanda, e di lì mandò un biglietto

  1. Epistolario, vol. I, pag. 72.