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Giovanni Giuseppe Nicosia — Cinesi, scuola e matematica — Bologna, Italia — 2010

florido sviluppo i loro risultati non vennero apprezzati dalla ricerca successiva ed andarono perlopiù perduti.

3.2.7 La Scuola Logica dei Nomi (名家 Míngjiā)

Scaturita forse dal movimento moista, presenta diverse affinità con il Sofismo greco. I suoi interessi principali sono quelli dei paradossi logici, dei rapporti tra linguaggio e pensiero e delle relazioni tra simbolo e significato (appunto i “nomi”), in un percorso che la portò all’analisi della possibilità di affermare e negare qualsiasi cosa (Fontana, 2006). Come i Sofisti greci, anche i membri di questa scuola coltivarono la retorica e l’attività forense, anche se le fonti insistono più sulle produzioni di tipo prettamente scientifico.

Nonostante il buon livello delle sue elaborazioni ed un iniziale successo, rappresenta un filone di studi che fu successivamente poco frequentato dagli studiosi cinesi. Nella Cina storica non si sviluppò mai un interesse teorico che portasse all’elaborazione di una teoria logica sistematica paragonabile a quelle di origine greca od europea medievale (Fontana, 2006).

I maggiori esponenti di questa scuola sono il Maestro Huì (惠子 Huìzǐ detto anche Hui Shi 惠施) e Gōngsūn Lóng (公孙龙, 325 – 250 p.E.v.). Entrambi nacquero alla fine del IV secolo. Il primo, uomo politico, legislatore, retore e scienziato, scrisse dieci paradossi sullo spazio e sul tempo che ci sono arrivati solo per via indiretta. Alcuni di essi hanno una specifica attinenza matematica riguardando l’infinità e l’illimitatezza di oggetti di pensiero, altri si riferiscono più propriamente ai rapporti tra nomi ed oggetti designati od alle relazioni tra linguaggio e metalinguaggio. Lo spazio ed il tempo, concepiti come infiniti ed illimitati, pare rivestissero un’importanza fondamentale nel pensiero di Huìzǐ che con i suoi paradossi avrebbe tentato di demolire la possibilità di misura quantitativa e distinzione spaziale. Illusorie erano, per lui, anche le distinzioni di tempo e le differenze tra oggetti individuali, che sfumano in un’unità atemporale del tutto. L’assonanza con i metodi ed i concetti degli Eleati Parmenide e Zenone è stupefacente.

Del secondo esponente, un po’ più giovane del precedente, rimangono solo poche opere raccolte nel libro Il maestro Gōngsūn Lóng (公孫龍子 Gōngsūn Lóngzǐ ) nel quale ci sono altri paradossi. Il più noto fa parte del Báimǎ Lùn (白馬論 Dialogo del cavallo bianco) e recita: “Un cavallo bianco non è un cavallo.” Esso si basa sulle ambiguità della lingua cinese, che non presenta le variazioni e le concordanze tra i termini obbligatorie nelle lingue indoeuropee e sulla difficoltà di attribuire in modo semanticamente preciso il predicato “non essere” (非). Forse il sofista fa ricorso implicitamente ad un metalinguaggio sostenendo correttamente, in termini moderni, che l’insieme dei cavalli bianchi non coincide con l’insieme dei cavalli (“un cavallo bianco non è la stessa cosa che un cavallo”), mentre apparentemente la questione è sulla natura degli elementi di tali insiemi, come suggerirebbe l’enunciato originario. Un altro paradosso sembra anticiparne alcuni che verranno scoperti in Europa solo alla fine del XIX secolo durante la costruzione della Teoria degli insiemi: “Quando non si trova altro che ciò che si è indicato, allora non si è indicato nulla. Infatti si è indicato qualcosa che non è nel mondo, ma il mondo ha in sé tutte le cose. È inammissibile che ciò che il mondo ha in sé sia considerato come ciò che non ha in sé.”1

  1. “6.25. Il Maestro disse: <<Un vaso quadrato che non è quadrato. Strano davvero!>>. 13.3. << (…) Un gentiluomo non parla di ciò che non conosce. Se i nomi non sono corretti, il linguaggio è privo di oggetto. Quando il linguaggio è privo di oggetto, agire diventa impossibile. (…) In materia di linguaggio un gentiluomo non lascia nulla al caso>>.” (Leys, 2006) queste citazioni, che sembrano delle prese di posizione polemiche contro le affermazioni moiste e della Scuola dei nomi, appartengono alla tradizione confuciana che pure aborriva la retorica ed i giochi linguistici. Il fatto che lo stesso Confucio (Kǒng Fūzǐ (孔夫子) 551 – 479 p.E.v.), solitamente più interessato a temi etici (l’elaborazione di una morale civile) e politici (la riforma dello Stato), se ne occupi dimostra che, a dispetto della loro successiva scomparsa dal dibattito filosofico e scientifico, le questioni legate alla logica, ai paradossi linguistici ed al rapporto tra nomi, significati ed oggetti avessero