Pagina:Collodi - Le avventure di Pinocchio, Bemporad, 1892.djvu/9

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Geppetto era bizzosissimo. Guai a chiamarlo Polendina! Diventava subito una bestia, e non c’era più verso di tenerlo.

— Buon giorno, mastr’Antonio, — disse Geppetto. — Che cosa fate costì per terra?

— Insegno l’abbaco alle formicole.

— Buon pro vi faccia.

— Chi vi ha portato da me, compar Geppetto?

— Le gambe. Sappiate, mastr’Antonio, che son venuto da voi, per chiedervi un favore.

— Eccomi qui, pronto a servirvi, — replicò il falegname, rizzandosi su i ginocchi.

— Stamani m’è piovuta nel cervello un’idea.

— Sentiamola.

— Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirar di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?

— Bravo Polendina! — gridò la solita vocina, che non si capiva di dove uscisse.

A sentirsi chiamar Polendina, compar Geppetto diventò rosso come un peperone dalla bizza, e voltandosi verso il falegname, gli disse imbestialito:

— Perchè mi offendete?

— Chi vi offende?

— Mi avete detto Polendina!...

— Non sono stato io.

— Sta’ un po’ a vedere che sarò stato io! Io dico che siete stato voi.

— No!

— Sì!