Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/240

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196 i n f e r n o

46Questi fur cherci, che non àn coperchio
     Piloso al capo; papi e cardinali,
     In cui usò avarizia il suo soperchio.
49Et io: Maestro, tra questi cotali
     Dovre’io ben riconoscere alcuni,
     Che fur immondi di cotesti mali.
52Et elli a me: Vano pensiere aduni:
     La sconoscente vita, che i fe sozzi,1
     Ad ogni conoscenza or li fa bruni.
55In eterno verranno alli due cozzi:
     Questi risurgeranno del sepulcro,
     Coi pugni chiusi, e questi co'crin mozzi.2
58Mal dare, e mal tener lo mondo pulcro
     À tolto loro, e posto a questa zuffa:
     Quale ella sia, parole non ci appulcro.
61Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
     De' ben, che son commessi alla Fortuna,
     Perchè l'umana gente si rabbuffa.
64Che tutto l’oro, che è sotto la luna,
     E che già fu, di quest'anime stanche,
     Non poterebbe farne posar una.34
67Maestro, diss’io lui, or mi dì anche:
     Questa Fortuna, di che tu mi tocche,
     Che è, che i ben del mondo à sì tra branche?
70Et elli a me: O creature sciocche,
     Quanta ignoranza è quella che v’offende!
     Or vo’, che tu mia sentenzia ne imbocche.

  1. v. 53 I equivalente a li, loro è un accorciamento del latino ille e fu spesso adoperato dagli antichi. Inf. v. v. 78 «che i mena». E.
  2. v. 57. C M. col pugno chiuso,
  3. v. 66. Poterebbe è naturale configurazione del verbo potere. E.
  4. v. 66. C M. passar una.