Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/271

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   [v. 4-6] c o m m e n t o 227

Dante era col corpo. E mentre che navicavano, dice che si fece dinanzi a Dante uno pieno di fango, e domandò Dante: Chi se’ tu, che vieni innanzi ora? Onde Dante li rispose: S’io vengo, io non rimango; ma tu chi se’ che se’ si brutto? Et elli rispose: Son un che piango. Onde Dante li disse: E tu rimani con pianto, e con lutto, spirito maladetto: chè io ti conosco, avvegna che tu sia tutto brutto. E quello spirito allora stese le mani al legno per affondarlo, et allora Virgilio accorto, lo spinse e disse: Via costà con li altri cani; e poi si rivolse a Dante et abbracciollo, e baciollo, dicendo: Benedetta tua madre, che in te si cinse, o anima sdegnosa: sappi che costui fu orgoglioso al mondo sanza bontà, e così è qui l’ombra sua furiosa: molti sono grandi regi che staranno qui in questo fango come porci, lasciando di sè mala fama! Allora Dante, disse a Virgilio, che avea grande desiderio di vederlo attuffare in quel fango; e Virgilio disse, che di questo desiderio sarebbe sazio. E poco stando, vide fare quello strazio di costui a quelle genti fangose, che ancora ne ringrazia Idio; e tutti erano contro a lui, e gridavano: A Filippo Argenti, spirito bizzarro; et elli sè medesimo rodea coi denti. E qui dice che lo lasciarono; ma poi dice ch’elli udì un duolo, per lo quale elli intento, incominciò a guardare innanzi se vedesse la cagione di quello. E qui finisce la sentenzia litterale, ora è da esporre il testo con le allegorie.

C. VIII — v. 4-6. In questi due ternari lo nostro autore pone quello che dice che vide, innanzi che pervenissono alla torre alla quale all’ultimo venne, dicendo: Io; cioè Dante, dico seguitando; il processo del cammino, ch'assai prima; cioè di buon pezzo innanzi, Che noi; cioè Virgilio et io Dante, fossimo a piè dell'alta torre; della quale feci menzione di sopra, cap. vii, Li occhi nostri; cioè i miei, e di Virgilio, n'andar suso alla cima; cioè della detta torre, Per due fiammette che i vedemmo porre; cioè in su la detta torre, per li demoni che vi stavano a guardia: e per quel modo significavano a quelli della città di Dite, quanti erano coloro che venivano: però che tante fiaccole ponevano, quanti erano coloro che venivano, come si dà tocchi di campane alle castella di guardia, quando vegnono cavalieri. Et un'altra da lunge render cenno; cioè rispondere della città 1 Dite a quelle fiammette, Tanto ch’a pena il potea l’occhio torre; cioè scorgere. E così finge l'autore che tra’ demoni fosse ordine e concordia a conservare la loro mansione, per insegnare moralmente che non che tra’ buoni; ma eziandio tra’ rei, conviene

  1. Città Dite. Qui si è ommesso il di che mostra la cagione formale, ed è imitazione del caso d’apposizione de' Latini, i quali dicevano Urbs Roma ed Urbs Romae. E.