Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/665

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   [v. 70-78] c o m m e n t o 621

irretito altra volta, come detto fu di sopra cap. xvi. Su per lo scoglio; cioè del ponte settimo ch’era sopra la settima bolgia, prendemmo la via; Virgilio et io Dante, ch’era ronchioso; cioè aspro et ineguale e pieno di ronchi, stretto e malagevole; per questo si nota che la fraude era più stretta e malagevole in questo peccato, che finge l’autore che si punisca qui, che in altro peccato passato, Et erto più assai che quei di pria; quanto alla lettera finge che più alto fosse assai et avesse la salita maggiore, che quelli altri passati, intendendo allegoricamente che in questa fraude era maggior grado di superbia, come apparirà di sotto. Parlando andava; io Dante, per non parer fievole; cioè debile, Et una voce uscì dell’alto fosso; cioè della settima bolgia molto profonda, mentre ch’io andava parlando, A parole formar disconvenevole; cioè non conveniente a formar parole, che si potessono intendere. Non so; io Dante, che disse; quella voce, ancor che; cioè benchè sopra al dosso Fossi dell’arco già; io Dante venuto di quel ponte, che varca quivi; Ma chi parlava ad ira parea mosso; e questo si conoscea per lo suono della voce, benchè le parole non s’intendessono. Et è qui da notare che conviene essere conveniente distanzia tra il senso e la cosa sensibile, altrimenti il sentimento non la può comprendere.

C. XXIV — v. 70-78. In questi tre ternari l’autor nostro finge come, non potendo comprendere d’in sul ponte, discese in su l’ottava ripa, dicendo, Io; cioè Dante, era volto in giù; cioè verso lo fondo della bolgia settima, ma li occhi vivi; cioè corporali: questo dice a differenzia delli occhi mentali, che veggono più di lungi et ancor nell’oscuro, Non potean ire al fondo; della bolgia, per l’oscuro; aere che v’era; e questo si dee notare che il mezzo, che è tra il viso e la cosa visibile, conviene essere luminoso, altrimenti la vista corporale non può comprendere, Perch’io; cioè Dante a Virgilio dissi: Maestro, fa che tu arrivi Dall’altro cinghio; di questa settima bolgia; cioè in su l’ottava ripa, e dismontiam lo muro; cioè questo ponte che, benchè sia d’un pozzo, sta come muro, Che come io odo quinci, e non intendo; io Dante quel ch’io odo, Così giù veggio, e niente affiguro; cioè discerno, ovver conosco. E fa qui l’autore similitudine da l’udire al vedere: imperò che l’uno e l’altro sentimento richiede distanzia proporzionata a sè, altrimenti aopera disutilmente. Altra risposta, disse; Virgilio a Dante, non ti rendo Se non lo far; questo fia la mia risposta, dice Virgilio; l’opera, et assegna la cagione: chè la domanda onesta Si dee seguir con l’opera, tacendo; e questa è nobile parola e notabile. E qui si nota che la giusta domanda si dee esaudire con l’opera da colui, a cui è domandato potendo, altrimenti è scusato. E qui finisce la prima lezione.

Noi discendemmo ec. Qui si comincia la seconda lezione nella