Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/16

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viii proemio.

dell’uomo onesto, cosi come del grande poeta; la sincerità: e gliela leggi scolpita nel viso, e ne’ suoi scritti la trovi, o sia ch’esalti sè stesso, o sia che i propri difetti confessi; o ragioni freddo de’ suoi, e caldo degli estranei; o taccia di coloro che gli sarebbe giovato lodare, e parli altamente di quelli de’ quali il pur bisbigliare in segreto era risico. Per dare a conoscere l’animo suo senza sotterfugi, egli trasceglie un soggetto dove abbiano luogo accomodato fatti coetanei, ne crea sè medesimo attore, rigetta la lingua dei dotti, come impotente a sfogare tutto quant’egli sentiva; e là dove più fervono gli sdegni, quivi egli alza più chiara la voce, le parole più schiette quivi fa risuonare; ansioso di trasfondere sè negli spiriti tutti. Certamente non temeva che il suo segreto si divulgasse, l’uomo che addita le bestie fiesolane, e la p..... sciolta trescante co’re, e l’Italia non donna di provincie ma bordello, e la cloaca di sangue e di puzzo, e la rogna delle umane viltà. Queste voci esalate dall’ira, accanto all’espressioni di un amore gentilissimo, d’un alto sdegno, d’una religione severa e composta, dimostrano che la sua propria grandezza appunto gli rendeva intollerabile l’ipocrisia. Egli si confessa superbo, lascivo, traviato dall’alto sentiero della virtù: e gli par cosa vile sopprimere nulla dei proprii sentimenti dalla cui mistione era quasi conflato il suo genio. Lui felice, se i tempi men duri avessero temperato il suo sentire in tranquilla armonia con le cose di fuori, tanto che il dolore e l’orgoglio, innaspriti, non fossero diventati rabbia divoratrice, superba febbre d’immortale vendetta! Lui felice, s’egli avesse potuto mostrare sè stesso, e nulla manifestare che puro non fosse! Ma poichè le vicende del secolo, e quella debolezza che viene dalla non regolata forza, gliel tolse; apprezziamo almeno la sua animosa sincerità; e compiangiamolo.

Un’osservazione ancora innanzi di partirci dall’imagine del poeta. Chi punto conosce la schiatta toscana vivente, ne ravvisa in Dante (altri già l’osservò), quasi il generale modello: quella fronte, quel profilo, quel mento, a ogni