Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/277

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CANTO XIII. 145 I SUICIDI E CATONE. Il suicidio, così nella Somma, è colpa perthè è contro all' istinto na' turale per iì quale ciascuno ama l' essere proprio; perchè V uovi o non è di sé stesso ma della comunità, alla quale fa frode sottraendosi con la morte; finalmente perchè egli è di Dio in cui mano è la morte e la vita, e del quale egli usurpa in tal modo il giudizio supremo (1). Apostino av^va già fletto cUp il generale precellodel non uccìdere qui pure ha luogo, dacché 1' uccidere sé stesso é fare violenza all' umana vita e natura '2)r Non può, s.ggiunge Tommaso, non può V uomo uccidere sé stesso per evitare un male, dacché egli va cosi incoìitro a mal maggiore in pena dell' aver rutti i vincoli che lo stringono alla natura e alla so- cietà e lo fanno dipendere da Dio. Non lo può neanco per sottrarsi alla violenza del peccato altrui, dacché se egli a questo non consente, non pecca. N-n lo può finalmente per evitare il proprio peccato u per punirsene, dacché V uomo non è giudice di sé stesso, e togliendosi di vita si toglie il tempo e il luogo all' ammenda. E non è certo che egli debba peccare; poiché può Dio da qualunque siasi cimentB liberarlo ,\ ond' egli così dispera di Dio e rinnega la propria libertà. E poi : È fortezza se l'uomo non rifugge dal soffrire da altr'ìionio la morte per fine di virtù e per evitare la colpa ; ma darsi la morte per evi- tare un dolore ha sembianza di fortezza ; fortezza vera non è, anzi fiacchezza d' animo che non vale a sostenere i dolori (3). Or com'è (cade qui di dover domandare), come è che Dante colloca in luogo tanto onorevole a pie del monte del Purgatorio il suicida Catone? Virgilio, il suo maestro, il lodatore di Cesare e dell' impero, dà luogo al nemico dì Cesare tra le anime pie , e lo fa giudice loro. Non direi, che l'imitazione abbia qui chiusi gli occhi al Poeta; ma egli forse intendeva, in più alto modo che Virgilio , far prova d' im- parziale giustizia lodando il nemico dell'impero \agheggialo da lui, appunto come loda e compiange uomini gueltì del tempo suo, e vitu- pera ghibellini. Cosi tra color-» che morirono per 1' Italia egli an- novera insieme Eurialo e Camilla, e tra Niso ed Eurialo pone Turno ; il che non avrebbe fatto per servire al numero, se cotesto non era un servire al proprio concetto ancor più che a quello del Poeta mae- stro. Di Cesare slésso egli accenna un vizio turpe (4), di Cesare che da lui è posto tra i grandi spiriti eh' e' si esaltava in vederli (.5). Di {i) Som. 2, 2, 6i. , (Et., HI) e d'Agosfiiio (De Civ. Dei , I). (2) De Civ. Dei, 1. (4) Purg., XXVI. (3) Qui reca l'autorità d' Arislotels (5) Inf. IV. Dantb. Infsrn; - JO