Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/284

Da Wikisource.

152 INPERNO 22. La tua superbia, se' tu più punito. Nullo martirio, fuor che la tua rabbia, Sarebbe al tuo furor dolor compito. — 23. Poi si rivolse a me con miglior labbia, Dicendo: — Quel fu l'un de' sette regi Ch'assiser Tebe: ed ebbe, e par ch'egli abbia, 24. Dio in disdegno, e poco par che '1 pregi. Ma, com'io dissi lui, gli suol dispetti Sono, al suo petto assai debiti , fregi. 25. Or mi vien' dietro: e guarda che non metti Ancor li piedi nella rena arsiccia; Ma sempre al bosco gli ritieni stretti. — 26. Tacendo divenimmo là 've spiccia Fuor della selva un picciol fiumicello , Lo cui rossore ancor mi raccapriccia. 27. Quale del Bulicame esce il ruscello Che parton poi tra lor le peccatrici; Tal per la rena giù sen giva quello. 28. Lo fondo suo e ambo le pendici Fatte eran pietra, e i margini da lato: Perch'io m'accorsi che 'ì passo era liei. (SD Diicnimmo. S'usa In To- {«"ana. .E i , VI : Decenere locon. — Racr.ap'iccia. Anco per la memoria ile'iiranni (Int. XII) ribile a ve- dere quei sangiiK ira il fos-o della selva, il rosso iM fuoco, il gialliccio 32. (SD Furor. Stai., X : Furen- tem riiit XI: Furias virtutis iniquae (F) Mìxrti'io S A|?osUri<»: Ogni animo diaor/.inito è pena a se ste'iso. Som : La pei oersa volontà ne' da- nati è la loro pena. i 23 (D L bòia •• viso — Aùiser : assedÌHrono. (SL) Labbia. Vita Nuova. —A<- siser. An 'o n^-lia pro<a d'allora L'as- sedio di T' bfl gli facpva f :»rse pen- sare a Firenze — Pur Cne vera- mPTit" non l' aveva in disdegno ; e quìnill il maaglor furore. 2; (D Lui: a lui. — Fregi. La pena e I' 1'*^ più lo cucciano. (SD Disdpgno Srat. , Iir Si- pemt, conte -v'O'- Vi<gilioL4ìln , VI), più fio: Pili -gii l'iqw- mi-errimus Ofinp.is Ai'ont, e' >aa'm'i le.d-itnr voce ver n'ubfn : D<cil j>isWian manìH, et non temnern D o« — Di- itp'iii: Stat ,X : D« pectua Deos. — PAI» D< G^paneo fiiim nato Siat., X: C in rem. tub pectore Iractat. 26. (L) Divenimmo: venimmo. — ' Ve : ove. dfila rena. Non r aveva urima ve- duto questo ruscello : dunque dn Ca- paneo a quivi , era non breve lo spazio. 27. (SL) Bulicame. Laghetto d'acqua bollente e ros.siccla due miglia dà Viieibo; del quale laghetto usciva un rus ;ello. Feinmine quivi ab tanti, forse perché que' bagni erano fre- quentati, si dividevano un rigagnolo diquell'aqua, ria servirsene agli u>ii loro Siiii'liiudinp degni dnl sog- getto. Bulicami, in To^^^-ana, i L igoni che <*oii Sotterraneo if0ig'>iili • e t)U- licam^nto b'iz-ino a s-aiii «li suolo f-inzDso, e levano un fuino che par da hintano una nuvola bianca. 2i. [Lì V'-i : li. (>L) Pitrt Anco nel bulicame di Viterbo le sponde erano impie- trite ; e co.ìi fa r Elsa in Toscana