Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/361

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CANTO XIX. 225 venula al Poeta dal color delle scarpe papali. Il conti tto che parla a Dante è paragonato al perpio assasaiìio, che è colui, come spiega 1" Ot- timo, che por pecunia uccido V uomo. Ben paragona c!)ì uccide prez- zolato a chi prezzolato consacra, l fori rappresentano le borse, a' si- moniaci care: e cosi gli usurai pascon l'occhio della lasca che por- tano appesa, con tormento minore perchè meno rei. In una visiono infernale narrala da Gregorio VII, gli usurpatori dei beni della Chiesa di Metz stanno schierali giù giù lungo una scala, e quando un nuovo ne capita, il precedente scende un grado più sotto: ima'_'ine simile a quella di Dante che fa 1' un dannato cacciare qui V altro più adden- tro nel foro infuocato; senonché qui più squisito il tormento, perchè capovolti, e percliè la pietra da lutti i Iati li stringe , e concentra e ripercuote gli ardori ; e perchè 1' un dannato soprapponendosi all' al- tro lo arde egli stesso col tocco, col peso lo aggrava; quasi a rap- presentare come sui peccati precedenti si facciano soma i seguenti , che da loro si generano per l' esempio. II Poeta trovava per tutto il terreno da sé calcato gli elementi del proprio lavoro; ma egli li rac- coglieva sparsi, li condensava dissipati, li formava con l'arte sua crea- trice in viva figura. In tulio il Canto spirano il dispetto, lo scherno ; abbondano le allusioni bibliche per combattere gli avversari con le loro armi proprie. IN'ella Monarchia cita quel di Matteo (1): Non vo- gliate possedere né oi-o né argento né moneta nelle cinture vostre. E prosegue : Etsi per Luram habemus relaxationem praecepti quantum ad quaedam ; ad possessionem tamen auri et argenti licentiatam Ec' clesiam, post prohibitionem illam, invenire non potili. Poterai impe- rium in patrocinium Ecclesiae patrimonium et alia deputare : immoto semper superiori dominio: poterai et vicarius Dei, non tanquampos- sessor, sed tanquam fructuum prò Ecclesiae Chrysti pauperibus di- spensator ; quod Aposlolos fecisse non ignoratur. Senonché, le parole dure dell'esule sventurato sono, in modo degno degli alti spirili, temperate dal verso. La riverenza delle somme chiavi, che divide lui dalla greggia de' declamatori scabbiosi e rabbiosi , e che consuona al detto di Leone Magno: La dignità anco in erede inde- gno non viene meno, consuona colle affettuose parole che leggonsi nella Monarchia: Appoggiato a quella ricerenza che pio figliuolo deve a padre; pia figliuolo a madre; pio verso Cristo, pio verso la Chiesa, pio ver.^o il pastore, pio verso tutti che la religione cristiana profes- sano. (•)X,9. Dante. Inferno, 15