Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/483

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CANTO XXIX. 347 l'arie potevan trovare certi elementi de'lcorpi, e, trovatili, ricomporre al vero essi corpi, non già adulterandone altri, e ingannando con false apparenze, ma veramente creando. E infatti se l'alchimia co' suoi ci- menti, che paiono casuali, ha generata la chimica; doveva in lei slessa nascondersi un principio di veriiù, che le dava le mosse; perdio il falso mero, se pur fosse possibile, non potrebbe altro dare che falso. Forse col tempo la scienza affinala ritrovando gli elementi di sostanze ■ che adesso paiono semplici, giungerà quindi a comporli per arte; ma la spesa dell'opera rimarra tale da assorbire il lucro, sì che non ne avrà punto a patire la sincerità del commercio sociale. Gli alchimisti, per troppo trattare il mercurio e sostanze simili , al dir d'Avicenna e d'altri, diventavano paralitici: e perù Dante li fa qui tremanti; dico, per questo elTetto della colpa loro, non pure per vergogna d'essere scoperti falsarli, o semplicemente per non si poter dal male reggere rilti. 11 Ramazzini dice d'aver veduto un alchimista tremidum... anhelosum , putidum. Altri qui vanno carponi, a signiti- care T anima e il corpo loro curvi alla terra e alle sostanze tra sor- dide e velenose, tra polverulente e pesanti, che in essa s'ascondono; come gli avari strascinano col petto per terra pesi, e nel Purgatorio stanno legali mani e piedi per terra; altri de' falsarli stanno l'uno al- l'altro appoggiati, petto a petto, o petto a schiena, o in altro più sconcio viluppo. La scabbia che li rode, significa l'adoprarsi che fe- tero in cose che non li potevano soddisfare mai (1). Siccome j dice l'Anonimo, elli hanno avuta la mente e l' operazione corrotta e mal- sana in falsificazioni j così la giustizia di l)io gli punisce, che gli fa essere corrotti nel sangue e nella carne e nelle superfìuitadi. La si- militudine delle teglie, che rammenta quella delle caldaje dove i cuo- chi tuffano con gli uncini la carne (2), è degna del luogo; e pare che accenni ai fornelli ed al fuoco degli alchimisti: e d'imagini simili sono pieni i due Canti (3). Kel principio la similitudine del popolo d'Egina,che tutto per con- tagio perisce, é tolta dalle Metamorfosi: ma il Poeta par voglia di- stinguere la parte slorica della malattia dalla favolosa della forma- zione del popolo novello da un popolo di formiche, distinguerla con quel verso che, così inteso, se non diventa bellezza , almeno ha sua scusa, come annotazione per entro al testo: Secondo che i poeti hanno per fermo (4); che troppo somiglia a quell'altra: Come Livio scrive, che non erra (5). E forse che alle formiche egli accenna pensando al versi d'Ovidio: Parcumque genus , patiensque laborum, Qnacsitique teìiax, et qui quaesita rcservent (6); intendendo significare che i troppo solleciti cercatori di ricchezza tengono della formica nella piccolezza dell'animo, non nella parsimonia lodevole e nella fatica. Ma certo è che Dante in tutta la dipintura dèlia pena ebbe l'occhio alla lunga descrizione che Ovidio conduce di quella peste nel settimo delle Me- tamorfosi , ma il iNostro, al suo solito, in poche parole raccoglie le imagini più rilevate e gli dà più risalto. Ed é chiaro aliresì che Ovi- dio in quella descrizione non povera di bellezze ebbe l'oc'hioal terzo (1) Som., 1, 2, d02: /*e»' iV prudore loìlsoiivcnl se rclàJier à celle basse morboso disegnasi l'avarizia. facon et popnlaire de dire et de trailer (2) Inf., XXL Ics thoscsj la. soulenanl de gràees qni (3) Montaigne: Si faitt-il savoii^ re- ne leur manqucnt jamais.] làcher la corde ù tonte sorte de lons, et (4) Terzina 2 1 , le plus aigu est celui qui vient le moins (à) Inf., XXVIII. souvcnt en jeu... Les plus grands tnat- (G) Mei., VII. tres, et Xénophon ti Platon , on lei