Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/495

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CANTO XXX. 859 Li fa sitibondi, percliè le riccliezze , come dice nel Convivio , prì)- mettono di tórre ogni sete e apportare saziamento ; ma in loco di sa- ziamento e di refrigerio, recano sete di casso febricante, intollerabile. Kel vangelo il ricco dannato : Manda Lazzaro, esclama, che intinga la punta del suo dito nell'acqua j e refrigeri la mia lingua (1). E qui maestro Adamo: l'ebbij vivo, assai di quel eh' i' volli; E ora, lasso! un gocciol d' acqua bramo. Rammenta 1« acque del Casentino , ove signoreggiavano i conti di Romena ; anche perchè nel pian di Casentino guerreggiò la prima volta il Poeta contr'Arezzo nel 1289 (3) : poi nell' esilio tornò a dimorare coi conti di Romena: e dopo la infelice spedizione contro Firenze, irato della lor dappocaggine , li lasciò. Bello che l' imagine delle fresche acque godute in vita, in Inferno tormenti il monetiere e l'a- sciughi. Stazio (3) fa dire a un' ombra : Heu dulces visure polos , so- lemque relictum Et virides terras et puros fontibus amnes. Nella sete descritta dal Tasso , con meno parsimonia ma non senza efficacia : S'alcun giammai tra frondeggianti rive Puro vide stagnar liquido argen- to... Che V imagine lor gelida e molle L'asciuga e scalda, e nel pensier ribolle. Simile pensiero ha nel Filebo Platone ; e il Boccaccio della donna al sol cocente: Vedeva Arno, il qual porgendole desiderio delle sue acque, non iscemava la sete , ma l' accresceva. Vedeva ancora in più luoghi boschi ed ombre e case, le quali tutte similmente le erano angoscia, desiderando. E con la troppa arguzia orientale, un poeta arabo citato da Abd-el-kader quando usci della carcere di Francia e vide Sicilia già tenuta dalle Arabe lance: Campagne di Sicilia! la VO' stra memoria è il mio tormento. Se le lagrime non fossero sì amare , crederei che i miei pianti fossero i fiumi di quell' isola fortunata. Perché Dante distingua gli alchimisti da' falsatori di moneta e quelli ponga men basso, ammalati di scabbia non idropici, l'Ottimo così di- chiara : Non solo con alchimia si può falsar le monete : puotesi eziandio commetter fallacia in coniarle e batterle... di minor tega che non è l'usato ordine... la quale è pubblica fraudolenzia ; imperciocchèj sic- come mostra il Filosofo nel quinto dell' Etica , la moneta fa trovata per comune utile e bene degli uomini: e perciò si commeite, su quella, fraude, e mette disordine e ingiustizia di quello al quale fine ella fu diretta e ordinata. Certo, il Poeta ebbe 1' occhio al passo toccato del- l' Etica , e riguardò la falsificazione come perturbatrice del sociale commercio , però la gravò di tal pena. Una delle più infernali imagini di vendetta è in questo canto lad- dove l'artista tentato da tristi signori a essere macchina di conio falso, sapendo che un di que' tre è già tra' dannati , per l'amaro ristoro di dissetarsi de' loro tormenti non darebbe la fonte di Siena, che corre celebre tuttavia : e grida che se l' idropisia gli lasciasse fare un passo d'un' oncia in cent'anni, si sarebbe già messo in via a misurare le undici miglia che la dolorosa bolgia gira ; cioè a dire , che dopo più d'un milione d'anni si sazierebbe di quella abborrita e agognata vista. Undici miglia ha la decima bolgia, ventidue la nona : di qui deduce l'Anonimo che l'ottava n' ha quarantaquattro, la settima ottantotto, e tutto Malebolge cinquemila settecento Irentadue. Il che non può stare (4). A ogni bolgia lo spazio scema, e cresce la reità ; onde il numero del colpevoli è meno. Tanto più avvertesi che ne' sette cerchi precedenti a Malebolge la misura non raddoppia : che allora il limbo avrebbe (1) Lue, XVI, 24. (4) Veggasi 11 discorso che segue al (2) Vili., VII, 431. Canto XXXII. (3) Theb.,n.