Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/70

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LXII DANTE E IL PHTRARCA. presso alla casa, e la rallegrano delle lor forme snelle; a ponente è l'orto, il quale avrà allora avuto certamente un più vago disordine che i giardini moderni, e altre piante che i giuggioli e i fichi d adesso. A ponente era lo stan- zino dello studio, dove il vecchio onorando, inchinando il capo o a preghiera o a meditazione non dissimile dalla preghiera, mori. Grato all'anime meste l'aspetto del sol cadente; grata quell'ora di sereno e stanco riposo, eh' è come augurio di morte placida, consolata da luminose spe- ranze. In queste stanze, digiunando sovente a pane e acqua, vi- gilando sempre dalla mezza notte, limando, con cura squi- sita i suoi versi, e meditando la morte, egli visse quat- tr'anni: se non che a mal suo grado talvolta ne lo chiama- vano a Padova o a Venezia le faccende de' suoi protettori ed amici. A Venezia già nel 1363 gli erano passati tre mesi della state in compagnia d'un amico, povero, ma illustre assai piìi de' principi protettori ; di quel Boccaccio, la cui novella di Griselda egli, vecchio e famoso, nella solitudine d'Arquà tradusse in latino; quel Boccaccio al qual egli nel testamento lasciò da comprarsi una zimarra pel verno. E nella Venezia del trecento, nella quale tuttavia sobbolliva- no de popolani spiriti antichi, più mirabile assai di quella che noi vagheggiamo, fìtta già d'armate galee gravide del commercio d'Europa, fìtta di genti animose, infaticate, fitta di templi e di civili edifìzii, o^ni giorno sorgenti con sem- plice e puro disegno (che i Longhena e i Benoni erano lontani ancora), nella Venezia del trecento passe^-giava il Petrarca, ripensando forse alla Francia, e a Parigi tren- t'anni fa visitato, il cui sudiciume doveva, come a lui, far uggia all'Alfieri quattrocento e venti anni dopo. Alla parete forse di questa piccola stanza di fronte ai poggi, a ponente, era appesa l' imagine della Vergine, egregia dipintura di Giotto, la quale il Petrarca morendo lasciava al signor di Carrara; dono da poeta, e più che da principe. A quella imagine riguardando (oh perchè non l'abbiamo noi"^ perchè non possiamo affissare gli occhi a quella bellezza dolcemente austera, nella quale s'affissavano commossi gli occhi di Francesco Petrarca? e la pietà de- gli sguardi del vecchio ritornerebbe a noi quasi rifiessa dalla tavola cara), a quella imagine riguardando, e ora alla parete, or al monte, orai cielo sereno volgendoli viso, egli avrà ripensati, e come santa preghiera ridetti nell'anima, i versi: Vergine bella; dove a ogni stanza è ripetuto con instante fervore e con soavità penetrante il dolce nome di Vergine. In questa camera accanto dormiva col marito la figliuola