Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/93

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310NUMENT0 A DANTlC IX FIRENZE. LXXXV Un monumento è egli forsa la piìi eloquente significazione Iella gratitudine e dell'ammirazione de' popoli';' Il Boccac- cio, che cinquant'anni dopo la morte dell'esule ne cemen- ta in una chiesa di Firenze il poema, e con i proprii ri- schiara i rimproveri di Dante dinnanzi ai cittadini che non temono d'ascoltarli: il Boccaccio, che per commissione so- lenne della Repubblica reca a Ravenna un tributo alla 11- gliuola di Dante: il Boccaccio che la Divina Commedia manda al Petrarca, trascritta di sua mano, come il più caro de' doni, e Michelangelo, che, in nome della patria chiedendo a Leone X le ceneri del Poeta, si offre fare la sepoltura sua condecente in loco onorevole in questa cit- tà; ìMichelangelo, che con pitture e con disegni cementa le visioni della Cantica; Michelangelo, che afferma pre- porrebbe le sventure di Dante al pTìi felice stato del mon- do: ecco testimonianze d'onore più desiderabili d'ogni spjen- . dido mausoleo. Ma il monumento dell'esule era debito di Fi- renze, Solennemente conveniva riaprire le sue porte a co- lui al quale il Cielo, come Michelangelo canta, non con- tese le sue. Ch'ella di quel nome andasse superba, ce'l di- cono le sue memorie, i libri de' suoi scrittori, i suoi palagi, i suoi templi. D'altr'uomo potrebbesi dire che un busto, un ritratto, una lapida, un'edizione delle opere, un'annua com- memorazione , e sopra tutto l'imitarne gli esempi, è de' monupienti il migliore; giacché questa tanta prodigalità che si pone in un masso, quest'ammirazione fredda e ir.> mobile come il marmo che n'è unÌT?o indizio, sembra quasi ludibrio in tanta degenerazione dalla gloria avita, in t^uto bisogno d'incuorare con segni efficaci di riverenza la ne- gletta e invidiata industria de' vivi. Ma qui di Dante si trat- ta: e il monumento di lui è quasi il decreto solenne di sua ri- vocazione, è politica ammenda. In un tempio egli vaticinava a sé stesso di dover essere incoronato poeta, e in un tem- pio è collocato il suo monumento. Qui le censure cominciano. Non è assunto nostro nò ap- s ne risulterebbe soggetto di dolorosi pensieri sulla scarsità di giudici atti a formarsi un'opinione non ligia né all'al- trui detto né alle .proprie passioni. Ognun sa che negli onori ollerti alla gloria dei sommi l'ammirazione e la ri- conoscenza tacciono sovente softbcate dalla smania di ri- provare, di deridere; o danno luogo a certo entusiasmo fat- tizio, sacrilega cosa. C'era chi non in un tempio ma in un portico, che dal Poeta si denominasse il portico di Dante, avrebbe desiderato rizzare il simulacro; e era chi a ciò de-