Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/270

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retto de la sua vana gloria, dicendo cosi: Frate; ecco che chiama Dante fratello, in che si mostra la carità di quelli del purgatorio, diss’ello; cioè Odorisi a me Dante; tu, Dante, m’ài ditto ch’io sono l’onor d’Agobbio e dell’arte del miniare, a che ti rispondo che questa loda non è tutta mia, ch’ella si conviene più a Franco bolognese che a me, benché anco in parte si convegna a me: e però dice: più riden le carte; cioè più vegnano fiorite le carte e li libri, e più belli, Che pennelleggia 1 Franco bolognese; questo Franco Bolognese anco fu finissimo miniatore e lodalo sopra sè: e perchè dice pennelleggia 1 mostra che miniasseno con pennello. L’onor; cioè del miniare, tuttor; cioè tutto ora, è suo; perch’elli è tenuto maggior maestro di me, e mio in parte: imperò che anco sono lodato io; non è anco spenta la fama mia. Ben non serei io stato sì cortese; ecco che accusa lo peccato suo de la vanagloria, dicendo che nella vita nolli arebbe dato la loda che li dava, perchè l’arebbe volsuta per se; e però dice: Mentre ch’io vissi; et assegna la cagione, dicendo: per lo gran disio; cioè per lo grande desiderio, Dell’eccellenzia; cioè dell’avansamento: però ch’io arei volsuto esser tenuto che io avansasse ogni uno, e però dice: ove mio cuor intese; cioè a la quale eccellenzia intese lo mio cuore. Di tal superbia: imperò che volere avansare tutti li altri in fama et in reputazione è superbia; dilettarsi de la loda e desiderarla è vana gloria, sua filliuola, qui; cioè in questo primo balso del purgatorio, si paga il fio; cioè lo presso e lo merito. Et ancor non sarei qui; dice Oderisi a Dante che anco non serebbe in quello luogo, e di questo serebbe cagione la sua colpa, se non fosse, Che, potendo peccar; cioè quando io era in vita, dove si può meritare e demeritare, mi volsi a Dio; cioè lassai lo peccato e ritornai a Dio per confessione e contrizione del mio peccato, e così tornai in grazia a Dio et uscitti de la colpa. E qui sono da notare due cose; prima come l’omo quando è uscito del peccato de la superbia diventa umilissimo; appresso che lo ritornare a Dio si può fare, in fine al punto de la morte: più là non è luogo di remissione.

C. XI — v. 91-102. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che Odorisi, continuando suo parlare dica belle e notabili parole contra la vanagloria; et in prima pone una esclamazione contra quella; possa la prova per esempli, et all’ultimo la descrive, dicendo così: O vanagloria de l’umane posse; cioè de l’umane potenzie. E perchè l’autore fa menzione de la vanagloria, veggiamo che cosa è gloria: gloria è allegressa dell’animo e contentamento d’essere buono; e questa gloria è simplice et assoluta; cioè che non cerchi eccellenzia sopra 2 altrui, e non vollia essere reputato: questa

  1. 1,0 1,1 C. M. privilegia, mostra che miniasse con pennello;
  2. C. M. sopra tutti o sopra altrui,