Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/310

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130Ma tu chi se’, che nostre condizioni
     Vai dimandando, e porti li occhi sciolti
     Sì come io credo, e spirando ragioni?
133Li occhi mi fino ancor diss’ io qui tolti;12
     Ma piccol tempo: chè poca è l’ offesa
     Fatta, per esser con invidia volti.
136Troppa è più la paura, ond’ è sospesa
     L’ anima mia, del tormento di sotto,
     Che già lo carco di laggiù mi pesa.
139Et ella a me: Chi t’ à donque condotto
     Quassù tra noi, se giù ritornar credi?3
     Et io: Costui ch’ è meco, e non fa motto;
142E vivo sono, e però mi richiedi,
     Spirito eletto, se tu vuoi ch’ io mova
     Di là per te ancor li mortal piedi.
145Oh! questa è sì ad audir cosa nova,4
     Rispuose, che gran segno è che Dio t’ ami;
     Però col prego tuo talor mi giova.
148E chieggioti per quel che tu più brami,
     Se mai calchi più terra di Toscana,
     Che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami.
151Tu li vedrai tra quella gente vana,
     Che spera in Talamone, e perderalli
     Più di speranza ch’a trovar Diana;5
154Ma più vi perderanno li ammiralli.

  1. v. 133. Fino; fieno, saranno, cagionato dalla terza persona singolare del futuro fi’ ed aggiuntovi no. E.
  2. v. 133. C. A. Gli occhi, diss’ io, mi fieno ancor qui tolti;
  3. v. 140. C. A. se laggiù tornar
  4. v. 145. C. A. Oh questo è a udir sì cosa
  5. v. 153. C. A. che trovar la diana;

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