Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/487

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da don Piero. Poi morto don Piero, succede don Alfonso, e da lui lo re Odoardo d’Inghilterra cugino di Carlo zoppo principe ebbe libero di pregione lo ditto Carlo, promettendoli che Carlo filliuolo di Filippo re di Francia, rifiuterebbe con volontà del papa lo regno di Ragona, e rimarrebbe al detto Alfunso; et anco li darebbe per questo 30000 marchi di sterlini. E questo fu nel 1288, e diedeli per stadichi tre suoi filliuoli e 50 cavallieri di Provensa li milliori che vi fusseno, promettendo, se ciò che ditto è non osservasse, di tornare in prigione da ivi a tre anni; e tornato a regno, andò al papa a corte, e fu coronato re di Pullia e di Sicilia nel 1289 lo di’ de la Pentecoste; e nel 1295 fece pace con don Iacomo re di Ragona e diedeli una sua filliuola per mollie e fece rinnonsare1 a Carlo di Francia a reame suddetto, come avea promesso. E per questo lo ditto re Carlo diede al ditto Carlo di Francia l’altra sua filliuola, dandoli per dote lo ducato d’Angiò; e di po’ questi travalli lo ditto re Carlo Zoppo, poi che fu re fatto di po’ il 1300, avendo una filliuola, la maritò al marchesi d’Esti per denari che ebbe da lui; cioè a messere Asso marchese da Esti: Esti è una terra che confina con Ferrara, la quale è anco sotto ’l ditto marchese; e però dice l’autore: L’altro; cioè Carlo zoppo, filliuolo del re Carlo primo, che; cioè lo quale, già uscì preso di nave; quando scitte2 de la galea sua forata che annegava, e montò su in quella de’ nimici e fu pregione, Veggio vender sua fillia: imperò che s’arrecò a maritarla al marchese Asso da Esti per denari ch’elli ebbe da lui, sicchè ben fu come vendere, e patteggiarne; cioè farne patto; io ne vollio tante milliaia di fiorini, s’elli la vuole, Come fanno i corsal; cioè li rubbatori di mare che vendono le schiave ch’ànno rubbate, e patteggiano d’esse quando le vendono; e però dice, dell’altrui schiave; cioè de le schiave altrui che ànno rubbate; unde l’autore finge che Ugo Ciappetta, che parlava per indignazione mosso ad ira, parla contra l’avarizia e fa invettiva, dicendo: O avarizia, che puoi tu più farne; cioè contra me e i miei, Possa ch’ài ’l mio sangue a te sì tratto; cioè sì tratto a te, Che non si cura de la propria carne; cioè de la filliuola la quale si può dire che Carlo vendesse, in quanto per denari s’indusse a darla sì vilmente per rispetto di sè ch’era re? Questa istoria; cioè del maritamento de la filliuola al marchese, non de la presura che era stata inanti, come apparì di sopra; e l’altra di sopra, cioè di Carlo sensa terra, non erano anco state quando l’autore finge che avesse questa fantasia; ma bene erano passate quando le scrisse; e cosi quella che seguiterà ora, cioè di papa Bonifazio de la quale farà menzione ora, che fu poi nel seguente anno nel 1301 nel mese di settembre:

  1. C. M. rinonziare
  2. Scitte; uscitte, da iscire o scire, donde riscire nel Barberino, Docum. III. E.