Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/491

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   [v. 97-123] c o m m e n t o 481


C. XX — v. 97-123. In questi nove ternari lo nostro autore finge come Ugo Ciappetta, seguitando la sua orazione, o vero diciarria1, poichè à manifestato a l’autore lo descenso dei suoi reali e li mali fatti e che debeno fare, manifesta quello che per lui fu nel pianto ditto, quando l’autore per lo pianto mosso andò a parlamentare con lui, dicendo così: Ciò che io; cioè Ugo, dicea; cioè nel pianto mio, di quella unica sposa De lo Spirito Santo; cioè de la Virgine Maria la quale si chiama sposa de lo Spirito Santo, perch’ella promisse e fece voto a Dio di servare sua virginità; la quale promissione si dice fatta a lo Spirito Santo: però che ardore di carità liela fece fare, lo quale viene de lo Spirito Santo e pertanto2, si dice Sposa de lo Spirito Sanito; cioè promessa a lo Spirito Santo, et ancora perchè lo Spirito Santo discese in lei e prese del suo purissimo sangue, e fece l’umanità di Cristo quanto a la carne; e l’anima Iddio padre creò di niente come l’altre anime umane, et unittevi la divinità del Verbo suo. e che li fece Verso me volger; cioè te Dante verso me Ugo, per alcuna ghiosa3; cioè per avere esposizione sopra quella parte, ne la quale lodava la povertà, quando disse: Povera fusti tanto ec.; cioè per sapere qual cagione ci movea a lodare sì la povertà, e però ti volgesti a me Ugo. Tanto è disposto; cioè solamente tanto il tempo è ordinato, a tutta nostra prece; cioè a tutti nostri preghi, Quanto ’l di’ dura; cioè che di di’ possiamo usare sì fatti preghi; cioè preghi che comendano la povertà, et ogni altri virtuosi preghi, ma quando s’annotta; cioè quando si fa notte, Contrario suon; cioè di biasmo dell’avarizia, prendiamo; noi anime che ci purghiamo, in quella vece; cioè in quella vicenda. E qui è da notare la fizione dell’autore, ne la quale dimostra allegoricamente di quelli del mondo; che tanto dura loro la loda de la virtù de la povertà, quanto ’l di’ dura; cioè quant’elli sono ne la grazia di Dio, la quale è luce e di’ e chiarezza dell’anima; ma quando la notte s’è fatta, cioè che si parte dell’anima la grazia di Dio, l’omo può bene avere dispiacimento del vizio et abominazione; ma non avere amore a la virtù: imperò che l’omo naturalmente può abominare lo vizio; ma non amare, nè operare la virtù sensa la grazia di Dio; e però dice: Noi ripetiamo Pigmalion allotta; cioè secondo la lettera, dice Ugo: Quando è notte noi del purgatorio ripensiamo e raccordiamo li viziosi nell’avarizia, avendone dispiacere; et allegoricamente s’intende di quelli del mondo che sono nell’atto de la penitenzia che, quando sensa la grazia di Dio e sensa la luce sua fanno penitenzia de la loro avarizia, arricordansi delli avari in quanta abominazione e dis-

  1. C. M. diciaria,
  2. Giunta del Magl. — e pertanto.....Santo; E.
  3. Ghiosa, chiosa; dal latino glossa. E.
Purg. T. II. 31