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Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/637

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fando; cioè ricevendo il triunfo: nel quale triunfo era licito a dire ogni villania al triunfante, Regina, chiamar s’intese; da quelli che li erano d’intorno al carro, in sul quale triunfava, contra sè; cioè contra l’onore suo, come è stato ditto di sopra nel canto xxiv. Quando li Romani triunfavano era licito, di dire al triunfante ogni villania che l’omo volea; e però quando Giulio Cesare triunfava, come recita Svetonio in primo libro de la vita e dei costumi dei dodeci principi romani, incominciando da Cesari e procedendo infine a Domiziano, erano chi li andavano dintorno al carro, dicendo: Dio ti salve, Reina, rimproverandoli che quando fu iovano, perseguitato da Silla andato a re Nicomede di Bittinia, stette con lui disonestamente a modo de la reina; e però finge che altri andasseno cantando intorno al carro: Ecce Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias; Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem. Vorrei volontieri che ’l nostro autore e li altri autori avesseno taciute sì fatte materie, almeno di non aver posto in esemplo li notabili omini: imperò che è grande periculo, parlando alli omini non perfetti in virtù: imperò che dice s. Agostino: Legis litera quæ docet non esse peccandum, si spiritus vivificans desit, occidit. Sciri enim facit peccatum potius, quam caveri; ideo magis vult augeri quam minui, quia malæ concupiscentiæ etiam prævaricatio legis accedit. Ma lo nostro autore fe lo suo libro a coloro che dovesseno diventare perfetti, e però niente volse tacere. Però si parten; li ditti peccatori; cioè perchè pecconno in sì fatto vizio, si parteno da noi che peccammo contrario vizio, Soddoma gridando; cioè gridando contra sè e rimproverandosi lo peccato di Soddoma che arse co le cinque città, come ditto fu di sopra, per quello detestabile peccato, Rimproverando a sè, com’ài udito; lo ditto peccato, Et aiutan l’arsura; cioè de la fiamma, ne la quale sono, reputandosi ben degni d’essa, vergognando; cioè prendendo vergogna e confusione dello peccato. Poi che à detto di quella gente che era passata, dice di sè dicendo: Nostro peccato; cioè di me e delli altri che vegnano oltra con voi, fu ermafrodito; questo Ermafrodito fu filliuolo di Mercurio e di Venere, e però fu chiamato Ermafrodito da Ermes che è Mercurio, et Afrodita che è Venere. E scrive Ovidio Metamorfosi nel libro iv che, essendo bellissimo iovano et andando per le selve perchè molte lo richiedeano, et elli volea servare sua onestà, ogni una rifiutava; trovata una fonte chiarissima, uno di’ che era grande caldo, spolliossi et incominciò a notare; per la qual cosa una Ninfa, che era chiamata Salmace, vedendo costui che già grande tempo avea desiderato e richiestolo disonestamente d’amore nell’acqua, spolliossi et incominciò a notare con lui et afferòsi a lui sì strettamente, che di due diventonno uno, sicchè uscito de la fonte si trovò avere lo sesso maschio e femineo; e rimase poi la potenzia