Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) III.djvu/146

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LE DONNE ALLA FESTA DI DEMETRA 143


col clamore gagliardo
per cui sprizza dal guardo — divin del Nume un raggio,
e per la nostra voce repentina.

agatone

Ora, in gloria di Febo, un grido intona.

coro

Salve, beato figlio di Latona!
Levano tutti un altissimo grido di giubilo.

mnesiloco

durante la cantata ha finto con lazzi buffoneschi di sdilinquire dal
piacere: e infine accompagna con urla sconce il grido di giubilo
dei coreuti.
Quanta, deh, venerande Genetillidi,
ha femrainil soavità quel canto!
Che magistero di lingua! Che forma
leccata! Tanto, che, in udirlo, dolce
prurito il codi’on tutto m’invase!
Con enfasi ridicola.
O giovincello, chi tu sia, come Eschilo
fa nella Licurgia, chiederti voglio.
Donde tal femminuccia? La sua patria
quale? e il vestire? E quanto mai sono ibridi
1 suoi costumi 1 E che dirà la cetera
alla zafferanina? e che la lira
alla cuffia? e la fascia all’alberello
da palestrita? Oh, quanto mal s’accordano!
E come e specchio e brando insiem convennero?