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166 ARISTOFANE


Convien che delle offese
fatte, quel galantuomo renda conto palese.

mnesiloco

Che siate furibonde contro Euripide,
udendo certe bricconate, o femmine,
non può stupir, né che vi bolla il fegato.
Anch’io, per quanto è ver ch’amo i miei pargoli,
aborrisco quell’uomo I Eh, dovrei essere
pazza, se no! Ma pure, discorriamola
fra noi: sole siam qui, né c’è pericolo
che trapelino fuor le nostre dispute.
Noi. proprio noi, gridiam la croce addosso
e la manciiam giù male, se quell’uomo,
sapute due o tre delle magagne
nostre, le ha messe in piazza? Se ne abbiamo
centomila I Io per prima, per non dire
d’altre, ho di molte bricconate sulla
mia coscienza: e la più grossa è questa.
Ero sposina da tre giorni appena,
e mio marito mi dormiva a fianco.
Ed avevo un amante, che a sett’anni
mi sverginò. Costui, per la gran fregola
di me, venne a raspar la porta. Sùbito
lo riconosco, e scendo di soppiatto.
« Dove vai? » mi domanda mio marito.
(( Dove? Il dolore mi contorce i visceri:
vo alla latrina!» — « Va’ pure!» — E si mise
a pestare ginepro, anaci, salvia.
Io versai sopra i cardini un po’ d’acqua,
e corsi al ganzo mio. Li, puntellandomi
contro l’alloro, me ne stetti prona