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Pagina:Commentario rapisardiano.djvu/31

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Il carattere di Mario Rapisardi 15

cremente all’opera, e proseguì nella sicurezza del suo mandato divino. Irruppe con forza, e spaziò per il mondo liberamente l’animo suo ribelle: il tempo fu suo. Concepì e scrisse il “Lucifero„.

Quando, nella primavera del ’76, Don Pedro II, di passaggio per Catania, assistette a una sua lezione (che giusto quel giorno spiegava l’ultimo libro della “Monarchia„ di Dante) egli, a un certo punto, rivolgendosi al monarca “con gesto maestoso e parola vibrante„ [1] disse: “Io non parlo all’imperatore del Brasile, ma a Don Pedro d’Alcantara„. L’imperatore battè le mani. E naturalmente scrosciarono quindi gli applausi da parte del numeroso uditorio.

Né meno rilevante d’importanza significativa fu la prolusione sul “Nuovo concetto scientifico„ dettata il 16 novembre ’79 nella grand’aula dell’Università, per l’inaugurazione dell’anno scolastico, in presenza delle autorità ivi convenute, che dovettero sentire “allibite„ lo spiegamento di audaci teorie, non mai sin allora enunciate da un professore ufficiale.

Da pochi mesi intanto aveva pubblicato l’Ode al Re, l’ode che è peana e insieme ammonimento; e par il grido dell’umana coscienza rinnovata. Notiamo intanto di passaggio le tre date — 1859, 1869, 1879 — che segnano le tre fasi della evoluzione del pensiero rapisardiano: l’ode a S. Agata, l’inno alla Natura, l’ode al Re.


II.


Il carattere di Mario Rapisardi or vediamo che va più e più raffermandosi nella fede ai nuovi ideali umanitari, e si manifesta più chiaro nei canti di “Giustizia„ forgiati contemporaneamente al “Giobbe„. Il verso diventa nelle sue mani un’arma di battaglia. Sente che di questo la nuova età ha grande bisogno.

  1. Questo ebbe a riferirmi in una lettera, dopo la pubblicazione dell’Epistolario, il mio prof. Eugenio Di Mattei, che assistette da studente a quella lezione.